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Sezione 16: IL NOSTRO E L'ALTRUI MESTIERE
Primo Levi, un chimico scrittore

 

 
La lingua dei chimici II

Quando ero chimico in servizio effettivo soffrivo caldi, geli e paure, e non avrei mai pensato che, dopo il distacco dal mio vecchio mestiere, avrei potuto provarne la nostalgia. Invece avviene, nei momenti vuoti, quando il congegno umano gira in folle, come un motore al minimo: avviene, grazie al singolare potere filtrante della memoria, che lascia sopravvivere i ricordi lieti e soffoca lentamente gli altri. Di recente ho rivisto un vecchio compagno di prigionia e abbiamo fatto i discorsi dei reduci; le nostre mogli si sono accorte, e ci hanno fatto notare, che in due ore di colloquio non avevamo rievocato un solo ricordo doloroso, ma soltanto i rari momenti di remissione, o gli episodi bizzarri.
Ho davanti a me la tabella degli elementi chimici, il "sistema periodico", e provo nostalgia, come davanti alle fotografie scolastiche, i compagni di scuola col cravattino e le compagne con la vereconda tunica nera: "ad uno ad uno tutti vi ravviso..." Delle lotte, sconfitte e vittorie che mi hanno legato ad alcuni elementi, ho già raccontato altrove; cosí pure, del loro carattere, virtú, vizi e stranezze. Ma adesso il mio mestiere è un altro, è un mestiere di parole, scelte, pesate, commesse a incastro con pazienza e cautela; cosi, per me anche gli elementi tendono a diventare parole, invece della cosa mi interessa acutamente il suo nome e il perché del suo nome. Il panorama è un altro, ma altrettanto vario quanto quello delle cose stesse.
Ognuno sa che gli elementi "per bene", quelli esistenti in natura, sia sulla Terra, sia negli astri, sono novantadue, dall'idrogeno all'uranio (veramente, quest'ultimo ha perso negli ultimi decenni un po' della sua buona fama). Ebbene i loro nomi, passati in rassegna, costituiscono un mosaico pittoresco che si estende nel tempo dalla lontana preistoria a oggi, ed in cui affiorano forse tutte le lingue e le civiltà dell'Occidente: i nostri misteriosi padri indoeuropei, l'antico Egitto, il greco dei greci, il greco dei grecisti, l'arabo degli alchimisti, gli orgogli nazionalistici del secolo scorso, fino all'internazionalismo sospetto di questo dopoguerra.
Incominciamo la rassegna da due degli elementi piú noti e meno esotici, l'Azoto e il Sodio. I loro simboli internazionali, e cioè la singola lettera o il gruppo di due lettere che ne abbreviano il nome eonvenzionale ed originario, sono rispettivamente N e Na, iniziali di Nitrogenium e di Natrium, e qui affiorano le tracce di un antico equivoco. Nitrogenium significa "nato dal nitro", e natrium significa "sostanza del natro": ora, in origine, nella lingua dell'antico Egitto, il nitro e il natro erano la stessa cosa.
Nella complicata scrittura di quella lingua si riteneva superfluo indicare le vocali (forse perché scalpellare la pietra è piú faticoso che usare una penna a sfera, e risparmiando le vocali si risparmiava lavoro ai lapidari), e le consonanti ntr indicavano genericamente le efflorescenze saline: sia quella dei vecchi muri, che in italiano si chiama tuttora salnitro, e in altre lingue, piú espressivamente, "sale di pietra", sia quella che gli egizi ricavavano da certi giacimenti e usavano nella mummificazione; quest'ultima è costituita in prevalenza da soda, ossia da carbonato di sodio, mentre il salnitro è costituito da azoto, ossigeno e potassio.
Erano entrambi insomma "sale non sale", sostanze dall'aspetto salino, solubili in acqua, incolori, ma dal sapore diverso da quello del sale comune; e i vetrai si erano presto accorti che nella fabbricazione del vetro l'uno poteva essere sostituito all'altro senza grandi differenze nel prodotto finito (il che è per noi ben comprensibile: alla temperatura del crogiolo del vetraio, entrambi i sali si decompongono, la parte acida se ne va, e rimane nella massa fusa solo l'ossido del metallo). I greci e poi i latini, traslitterando le scritture egizie, vi introdussero le vocali secondo criteri ampiamente arbitrari, e solo da allora la variante "nitro" si specializzò a indicare il salnitro, padre dell'Azoto, e "natro" a indicare la soda, madre del Sodio.
Del resto, l'Azoto, sostanza chimicamente piuttosto inerte, sta al centro di secolari litigi per quanto riguarda la nomenclatura. Cosi battezzato quasi due secoli fa da un chimico francese con un discutibile grecismo ("il senza vita"), è invece, come detto, il "generato dal nitro " (Nitrogen) per gli inglesi e "il soffocante" (Stickstoff) per i tedeschi. Neppure sul simbolo c e concordia; i francesi, che ne rivendicano la scoperta, fino a pochi anni fa rifiutavano il simbolo N e usavano invece Az: qualcuno lo usa ancora, polemicamente.
Chi scorra un elenco dei nomi dei minerali si trova davanti a un'orgia di personalismi. Si direbbe che nessun mineralogista si sia rassegnato a chiudere la propria carriera senza legare il suo nome a un minerale, aggiungendogli la desinenza -ite in funzione di corona di lauro: Garnierite, Senarmontite, e migliaia di altri.
I chimici sono stati sempre piú discreti; nella mia rassegna ho trovato solo due nomi di elementi che gli scopritori hanno voluto dedicare a se stessi, e sono il Gadolinio (scoperto dal finlandese Gadolin) e il Gallio. Quest'ultimo ha una storia curiosa. Fu isolato nel 1875 dal francese Lecocq de Boisbaudran; "cocq" (oggi si scrive " coq ") significa " gallo", e Lecocq battezzò " Gallium " il suo elemento. Pochi anni dopo, nello stesso minerale esaminato dal francese, il chimico tedesco Winkler scoprí un elemento nuovo; erano anni di grave tensione fra Germania e Francia, il tedesco ritenne che il Gallio fosse un omaggio nazionalistico alla Gallia, e battezzò Germanio il suo elemento per riequilibrare la partita.
Oltre a questi due, hanno ricevuto nomi personali solo alcuni dei nuovissimi e instabili elementi piú pesanti dell'Uranio, ottenuti dall'uomo in quantità minime nei reattori nucleari e negli enormi acceleratori di particelle, e dedicati rispettivamente a Mendeleev, a Einstein, alla signora Curie, ad Alfred Nobel e a Enrico Fermi.
Piú di un terzo degli elementi hanno ricevuto nomi che ricordano le loro proprietà piú vistose, attraverso itinerari linguistici piú o meno arzigogolati. Cosí il Cloro, il Iodio, il Cromo, da parole greche che significano rispettivamente "verde, viola, colore", e con riferimento al colore dei sali o dei vapori (o, in altri casi, delle righe spettrali di emissione). Cosí il Bario è il "pesante", il "Fosforo" è il "luminoso", il Bromo e l'Osmio sono, con diverse sfumature, i "puzzolenti" (ma quale chimico degno del nome potrebbe confondere i due sgradevolissimi odori?)
Ancora in questo spirito che chiamerei descrittivo, e che attesta modestia e buon senso, sono stati battezzati l'Idrogeno e l'Ossigeno, rispettivamente "generato dall'acqua" e "dagli acidi"; ma poiché il battesimo era stato fatto (o avallato) dal francese Lavoisier, i chimici tedeschi non lo tennero per buono, e vi ricalcarono sopra due approssimative traduzioni: Wasserstoff e Sauerstofi, ossia rispettivamente "la sostanza dell'acqua" e "degli acidi", e lo stesso fecero i russi, coniando la coppia Vodoròd e Kissloròd.
Solo tre fra gli elementi che hanno ricevuto nomi "descrittivi" attestano uno scatto della fantasia: il Disprosio ("l'impervio"), il Lantanio ("il nascosto") e il Tantalio. In quest'ultima denominazione, lo scopritore (Ekeberg, nel 1802: era uno svedese, un neutrale, e perciò il nome da lui scelto non subí manomissioni) intendeva riferirsi a Tantalo, il mitico peccatore descritto nell'Odissea: è immerso nell'acqua fino al collo, ma spasima eternamente per la sete, perché ogni volta che si curva per bere, l'acqua si ritira scoprendo la terra arida. La stessa pena aveva sofierto lui, il chimico pioniere, nelle alterne speranze e delusioni attraverso cui era infine arrivato a riconoscere il suo elemento.
Oltre al già nominato Germanio, una ventina di elementi hanno ricevuto nomi che ricordano piú o meno chiaramente il paese o la città in cui furono scoperti: il Lutezio dal vecchio nome di Parigi, lo Scandio dalla Scandinava, l'Olmio da Stoccolma, il Renio dal Reno. Accanto a queste celebrità geografiche si deve segnalare l'oscuro villaggio di Ytterby, in Svezia, perché accanto ad esso fu trovato un minerale che mostrò di contenere numerosi elementi sconosciuti. Il minerale fu chiamato Ytterbite, e prelevando vari segmenti di quest'ultimo nome, con procedimento simile ai "logogrifi" degli enigmisti, furono coniati successivamente l'Ytterbio, l'Yttrio, il Terbio e l'Erbio.
Deliberatamente ho lasciato da parte la storia dei nomi degli elementi veterani, noti a tutti, caratterizzati e sfruttati dalle civiltà piú antiche mille e mille anni prima che nascesse il primo chimico: il Ferro, l'Oro, l'Argento, il Rame, lo Zolfo, e diversi altri. E' una storia complicata ed affascinante, che varrà forse la pena di raccontare a parte.

Primo Levi, La lingua dei chimici II, in: L'altrui mestiere,Torino: Einaudi, 1985, pp. 127-131.

 

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