Gödel, l'eccentrica vita di un genio
Molti matematici considerano Kurt Gödel
il più grande logico della storia, dopo Aristotele, e la rivista
Time, in un'indagine sui venti personaggi che hanno
maggiormente influenzato il pensiero del ventesimo secolo, colloca Gödel
al nono posto, prima di personaggi famosi quali Enrico Fermi o Sigmund
Freud. Eppure il nome di Gödel non è molto noto al di fuori
dell'ambiente scientifico, decisamente molto meno di quello di Albert
Einstein (al primo posto naturalmente nell'elenco del Time),
che è popolare quanto Pitagora o Archimede. Sicuramente la matematica
non è apprezzata quanto la fisica e Gödel era un personaggio
schivo e appartato che non ispirava molta simpatia. Quando si trasferì
negli Stati Uniti, nel 1940, all'Institute for Advanced Study di Princeton,
ormai famoso in tutto il mondo per i suoi lavori, Gödel non riuscì
a farsi molti amici. L'unico con cui facesse lunghe camminate e accese
discussioni era Einstein. "Li vedevo conversare mentre si recavano
assieme al lavoro - ricorda il premio Nobel Murray Gell-Mann, il celebre
scienziato - esploratore - formavano una strana coppia, come i due personaggi
dei fumetti Mutt e Jeff, uno lungo e allampanato e l'altro piccoletto:
Gödel era così basso che Einstein al confronto sembrava
un gigante". Discutevano ovviamente di logica poiché Einstein
era rimasto profondamente impressionato dai risultati di Gödel.
E discutevano di relatività, che Gödel aveva studiato a
fondo, elaborando anche un suo curioso, ma poco credibile, modello di
Universo, soggetto a rotazioni tali da creare anelli temporali che si
chiuderebbero su se stessi, consentendo a un'astronave di compiere viaggi
nel passato e nel futuro.
Come presentare nel modo più semplice le idee di Gödel a
chi non è del mestiere? John L. Casti e Werner DePauli, nella
loro nuova biografia, Gödel, l'eccentrica vita di un genio,
tentano un'impresa di alta divulgazione, dedicando la loro attenzione
non tanto alla vita quanto all'opera di Gödel e all'influenza che
ha avuto in campi quali l'informatica, l'intelligenza artificiale, la
cosmologia, oltre naturalmente alla matematica, nei successivi sviluppi,
fino a quelli più attuali. Un libro che Martin Gardner definisce
"uno splendido resoconto, non tecnico sulla rivoluzione gödeliana
e allo stesso tempo un disegno della vita eccentrica di Gödel e
della sua tragica fine".
Gödel era nato a Brno, in Moravia, nel 1906, e come racconta il
fratello Rudolf, "era un bambino felice ma timido, molto sensibile,
soprannominato "Herr Warum" (il signor Perché) a causa
della sua enorme curiosità". A otto anni una febbre reumatica
lo portò a studiare la malattia e a convincersi, nonostante le
rassicurazioni del medico, che il suo cuore ne fosse stato danneggiato.
Questo, secondo il fratello, fu l'origine dell'ipocondria che accompagnò
per tutta la vita Gödel, insieme ad altre manie che aggravandosi
si sarebbero trasformate gradualmente in paranoia. Nel 1924 si trasferì
a Vienna dove i suoi interessi filosofici lo portarono a frequentare
il famoso Circolo di Vienna, il celebre gruppo di filosofi e scienziati
che si trovavano ogni giovedì sera per dibattere sulle diverse
teorie della "verità" scientifica, un'esperienza ricca
e stimolante che ebbe per Gödel una profonda influenza sui suoi
studi.
Un aneddoto riportato da Casti e DePauli riflette bene il carattere
puntiglioso, pronto a portare il ragionamento logico alle estreme conseguenze
di Gödel. Quando decise, nel 1948 di chiedere la cittadinanza USA
iniziò un'analisi minuziosa della costituzione americana per
prepararsi all'esame richiesto. Il giorno prima dell'esame telefonò
eccitatissimo ai suoi amici, Morgenstern e Einstein annunciando di aver
scoperto che c'era un errore logico nella costituzione, una scappatoia
attraverso la quale gli Stati Uniti potevano trasformarsi in una dittatura.
Il giorno dopo, Morgenstern e Einstein accompagnandolo alla sede degli
esami fecero di tutto per distrarlo, raccomandandogli di non far parola
della sua "scoperta". Gödel riuscì a trattenersi
finché il giudice che lo interrogava non accennò alla
terribile dittatura che aveva lasciato in Europa e che fortunatamente
non sarebbe stata possibile in America. "Al contrario - esclamò
Gödel - io so che può accadere anche qui, e posso provarlo!"
Ci volle tutta la pazienza di Morgenstern e Einstein e del giudice stesso
per calmarlo e impedirgli di lanciarsi in una pericolosa discussione.
Casti e DePauli per spiegare il lavoro di Gödel inventano la MTC,
una divertente "Macchina per le Torte di Cioccolata". Noi
infiliamo nella MTC uova, farina, latte, cioccolata e tutti gli altri
ingredienti, insieme a una ricetta ed esce la torta. Ma come dev'essere
questa macchina? Prima di tutto deve essere "affidabile" nel
senso che, introdotti gli ingredienti e la ricetta, produca soltanto
torte di cioccolata e nient'altro. Dobbiamo perciò stabilire
un rigoroso criterio di riconoscimento delle torte di cioccolata, in
modo che soltanto queste, secondo il linguaggio della logica, siano
"vere", mentre tutte le altre torte, ad esempio quelle alle
fragole o alle nocciole, risultino "false" (Nanni Moretti
sarebbe sicuramente d'accordo su questa distinzione). Ma, oltre all'affidabilità,
dicono Casti e DePauli, la MTC deve avere un'altra proprietà,
la "totalità", dovrebbe cioè poter produrre
tutte le possibili torte di cioccolata. Se qualcosa è una torta
di cioccolata, la MTC dev'essere in grado di produrla. E arriviamo alla
questione più importante: è possibile costruire una MTC?
Siamo in grado di dimostrare che la torta uscita dalla macchina è
"vera" torta di cioccolata, fedele ai criteri di riconoscimento
stabiliti, oppure che è "falsa"? E la dimostrazione
è la ricetta. Ad esempio, per dimostrare che la "Sachertorte"
è una torta di cioccolata, basterà scriverne la ricetta,
senza che sia necessario produrre la torta. A questo punto ci chiediamo:
tutte le torte hanno una ricetta, oppure esistono torte di cioccolata
per le quali non è possibile dare una ricetta?
Queste idee, all'apparenza bizzarre e lontane mille miglia da qualsiasi
problema scientifico, riflettono invece uno dei problemi fondamentali
della filosofia della scienza: è possibile dimostrare che ogni
proposizione è vera? Fino al 1931 non soltanto tutti i pasticceri,
ma anche tutti i matematici erano pronti a sostenere l'idea che ci fosse
una ricetta per qualsiasi torta di cioccolata. In quell'anno, fondamentale
nella storia della matematica, Gödel dimostrò invece, in
modo inequivocabile, che non c'è una ricetta per ogni torta ovvero,
matematicamente, che non sempre ciò che è vero (
la
torta) è dimostrabile (
la ricetta).
Gödel ha buttato all'aria un modo di procedere e di ragionare che
risale all'Antica Grecia e che si fonda sulla determinazione di una
serie di asserzioni iniziali, gli assiomi, ritenuti così semplici
e intuitivi da non suscitare dubbi sulla loro validità. Successivamente,
da questi assiomi si cerca di ricavare una dimostrazione per stabilire
la verità o la falsità di un'affermazione. Gödel,
con il suo Teorema dell'incompletezza, ha dimostrato che non è
possibile avere assiomi sufficienti per dimostrare tutto. Avremo sempre
qualche problema non dimostrabile e cosa ancor più grave, non
potremo neanche essere certi che nella scelta dei nostri assiomi non
ci sia già qualche errore d'incompatibilità. La conclusione?
Lasciamola a Bertrand Russell, al suo famoso epigramma: "La matematica
pura è la disciplina in cui non sappiamo di che cosa stiamo parlando,
né se quello che stiamo dicendo è vero".
I risultati di Gödel furono un'autentica rivoluzione e provocarono
grande incertezza e depressione fra i matematici. Hermann Weyl, un altro
grande matematico del Novecento, disse: "Dio esiste poiché
la matematica è coerente, e il diavolo esiste dato che non possiamo
dimostrare la sua coerenza". Gödel ha tolto alla matematica
la sua innocenza.
Nel 1938, prima di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti, a
Princeton, Gödel, contro la volontà della sua famiglia,
aveva sposato una ballerina viennese, conosciuta in un night club, Adele
Nimbursky, che aveva già un matrimonio sfortunato alle spalle.
Una bella donna che considerava l'Istituto di Princeton come "una
casa di riposo per anziani" e che l'economista Oskar Morgenstern
definì impietosamente come "la classica lavandaia viennese,
garrula, incolta ed egocentrica". In realtà fu l'ancora
di salvezza per Gödel, l'unica ad essergli vicina nei momenti in
cui, sopraffatto dalle manie, temeva che il frigorifero sprigionasse
gas velenosi o che il suo cibo fosse stato avvelenato da qualcuno. Purtroppo
le condizioni psichiche di Gödel andarono sempre più peggiorando
e Gödel, travolto dalla paranoia, arrivò a rifiutare qualsiasi
cibo. Quando morì nel 1978, pesava soltanto più trentacinque
chili.
Tragico destino il suo, drammatico come quello di Alan Turing, che è
l'altro protagonista del libro di Casti e DePauli e che si uccise mangiando
una mela avvelenata, che aveva immerso nel cianuro. I lavori di Gödel
e di Turing sono strettamente intrecciati e non è possibile capire
uno senza studiare anche l'altro. Turing trasportò infatti sul
computer i risultati di Gödel e dimostrò, usando argomenti
simili a quelli di Gödel, che è impossibile costruire un
computer che possa stabilire la verità o la falsità di
tutti i problemi matematici. Data una congettura non possiamo essere
sicuri che esista un programma in grado di verificarla in un numero
finito di passi. Non è possibile stabilire a priori se un dato
programma è in grado di completare in un tempo che non sia infinito
il suo compito.
Il fatto che il computer non sia in grado di risolvere un'infinità
di congetture, vuol forse dire che la nostra mente è superiore
al computer, poiché noi siamo in grado di costruire metasistemi,
con assiomi intuitivamente corretti, che possono risolvere tali problemi?
Su questo tema si scontrano scienziati come il fisico matematico Roger
Penrose che difende la tesi della superiorità della mente umana,
contro chi ritiene invece che sia possibile costruire un computer in
grado di scoprire metasistemi identici a quelli trovati dall'uomo. La
verità matematica, dice Roger Penrose, è qualcosa che
va al di là del mero formalismo. Il nostro cervello non ragiona
come un computer, abbiamo sempre bisogno del nostro "intuito matematico",
e non soltanto nella fase iniziale, per la costruzione di un sistema
formale di riferimento (i criteri di riconoscimento delle torte di cioccolata).
Gödel però non riteneva affatto che il suo teorema escludesse
uno sviluppo dell'Intelligenza Artificiale. Affermava infatti: "Resta
la possibilità che esista (e possa persino essere scoperta empiricamente)
una macchina dimostrativa che di fatto è equivalente all'intuizione
matematica (alla mente umana), anche se non è possibile dimostrarlo,
né è possibile dimostrare che essa fornisce solo teoremi
corretti della teoria finitistica dei numeri". In altre parole,
secondo Gödel, se mai riusciremo a costruire un computer intelligente,
non lo potremo capire. Sarebbe troppo complesso per noi.
Federico Peiretti, LA STAMPA,
20/11/2001
John L. Casti, Depauli Werner, Godel:
l'eccentrica vita di un genio, Cortina Raffaello, 2001
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