ARCHITETTURE DEL SECONDO NOVECENTO IN VALLE D’AOSTA

Roberto Dini, con contributi di Giuseppe Nebbia, Architetture del secondo Novecento in Valle d'Aosta, Testolin - Regione Autonoma Valle d'Aosta - Mibact, 2018

Il volume «Architetture del Secondo Novecento in Valle d’Aosta», presentato a Palazzo Regionale ad Aosta venerdì scorso, 15 giugno, rappresenta la prima vera tappa di una storiografia della architettura moderna e contemporanea in Valle d’Aosta. Senza nulla togliere alle ricerche e alle pubblicazioni del passato dovute a Luciano Bolzoni, Luca Moretto o Beppe Nebbia, questo lavoro ha in primo luogo un rigore e una complessità che infine restituiscono al lettore una visione ampia e rispettosa di una sorta di verità storica. Le opere del passato si erano infatti concentrate principalmente, quando non esclusivamente, sull’attività in Valle d’Aosta di alcuni dei maestri italiani del moderno da Mollino a Cereghini, da Albini a Sottsass a Galvagni. La produzione di questi grandi architetti, pur nel suo straordinario interesse storico e culturale è però irrilevante da un punto vista quantitativo in una regione che ha letteralmente cambiato volto tra il 1950 e il 2000. Per la prima volta l’opera dei professionisti locali emerge in tutta la sua originalità e il loro apporto appare infine come tutt’altro che marginale e concettualmente subalterno.

Ma andiamo con ordine. Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha avviato a partire dal 2002 il “Censimento nazionale delle architetture italiane del secondo Novecento”. Per la Valle d’Aosta, in base ad un accordo tra Ministero e Regione, il censimento è stato affidato alla Fondazione Courmayeur Mont-Blanc che a sua volta si è avvalsa dell’opera preziosa e competente del professor Roberto Dini, docente presso il Politecnico di Torino. Il censimento ha portato a un repertorio di circa 200 opere che a loro volta hanno dato luogo a una selezione di 50 opere che garantiscono una interessante copertura del territorio regionale e sono rappresentative delle diverse tipologie edilizie e funzionali. Prima di entrare nel merito, ovvero nel cuore di quest’opera così importante e peraltro così accurata dal punto di vista editoriale, vorrei ancora soffermarmi su una questione a mio modo di vedere decisiva. Come ha ricordato Antonio De Rossi con «La Costruzione della Alpi», la poderosa opera che presentammo ad Aosta il 17 febbraio 2017, la comprensione della complessità del territorio alpino è impossibile senza ripercorrerne la morfogenesi che è sì frutto di un fare concreto, di un costruire edifici e infrastrutture, ma che è anche «immaginifica delle rappresentazioni e delle proiezioni sociali e culturali della montagna». Quello che è venuto costruendosi è in ultima analisi è un modello di società che in questi primi decenni del terzo millennio è ormai in profondissima trasformazione. I testi dovuti a Roberto Dini meritano tutta la nostra attenzione e una accorta lettura perché hanno il grande pregio di non soffermarsi su una interpretazione estetico formale della produzione architettonica ma fornisco invece numerosissime piste interpretative rivolte anche a futuri ulteriori ricerche. Roberto Dini, in questo volume, restituisce una narrazione di grande fascino. La nascita e lo sviluppo delle grandi stazioni turistiche, l’enorme trasformazione della città di Aosta e della sua area metropolitana, le implicazioni dell’industrializzazione, l’apporto dei grandi studi olivettiani conducono l’autore fino alle soglie dell’oggi. Non mancano infatti interessanti riflessioni sul «vocabolario della tradizione» o sul l’evoluzione del nostro rapporto con il paesaggio.

La Valle d’Aosta ha spesso guardato quasi con diffidenza alla propria storia moderna, una diffidenza frutto di una retorica ruralista che non ci ha mai aiutati ad elaborare una visione coraggiosa e consapevole di noi stessi e di coniugare quindi, in modo maturo, la ricchezza storica e culturale della nostra identità regionale con l’eterno divenire del mondo contemporaneo. Quest’opera, insieme ad altre, può contribuire a guardare sia al passato che al futuro con occhi migliori.

Corrado Binel