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Domenico Berti
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Nacque a Cumiana (Torino) il 17 dicembre 1820. Dopo aver studiato con Giovanni Antonio Rayneri e Ferrante Aporti, Berti si laureò in Lettere e Filosofia all'Università di Torino.
Egli si interessò precocemente ai problemi pedagogici ed alla questione della riforma scolastica. Di cultura cattolica, Berti fece le sue prime esperienze politiche nel Piemonte delle riforme carloalbertine. Legato in un primo tempo agli ambienti democratici, collaborò alle riviste "Letture popolari" e "Letture familiari" e si schierò prima a fianco di Gioberti e poi con i liberali moderati. Dopo aver insegnato Metodo nelle scuole di Casale e Novara, Berti ottenne la cattedra di Metodo applicato all'istruzione elementare all'Università di Torino.
Nel 1849 gli fu affidata la cattedra di Filosofia Morale all'Università di Torino. Nel 1872 Berti ebbe la cattedra di Storia della Filosofia presso l'Università di Roma, dove fu anche, fino al 1875, preside della facoltà di Lettere e Filosofia.
Delle opere di Berti dedicate alla storia del pensiero filosofico italiano tra Rinascimento, Riforma e Controriforma si ricordano quelle su Giordano Bruno (1858) e su Copernico in Italia (1876).
Accanto all'attività accademica, Berti condusse un'importante azione nel campo dell'organizzazione della cultura e della vita politica. Eletto deputato alla Camera fin dal 1850, Berti appoggiò il movimento liberale e conservatore guidato da Cavour.
Nel 1862, nel corso del primo governo Rattazzi, Berti ricoprì l'incarico di segretario generale del Ministero dell'Agricoltura e del Commercio. Egli fu poi Ministro della Pubblica Istruzione nel secondo governo La Marmora, tra il 1865 ed il 1867. Nel periodo in cui diresse il Ministero della Pubblica Istruzione, Berti si impegnò a favore di un forte sviluppo dell'educazione primaria e popolare per combattere l'analfabetismo. Egli assegnò alla cultura tecnica uno spazio notevole se non prioritario. Favorì in tutti i modi la creazione e lo sviluppo delle scuole di arti e mestieri ed in generale dell'istruzione tecnica scientifica superiore. Per attuare tali linee di riforma Berti cercò inoltre, in linea con le indicazioni espresse da "Il Politecnico" di Catteneo, di favorire un forte decentramento gestionale, affidando alle province i principali poteri nel campo della programmazione scolastica.
Constatata la crisi ideale e politica della Destra, Berti si avvicinò alla Sinistra di Depretis, nel cui governo ebbe il Ministero dell'Agricoltura e del Commercio dal 1881 al 1884. Iniziatore della legislazione sociale, Berti cercò attraverso un ambizioso progetto riformista, benché ancorato ad una visione ancora segnata da atteggiamenti paternalistici e filantropici, di legalizzare l'associazionismo operaio, di organizzare forme di assistenza pensionistica, di fissare la responsabilità civile dei datori di lavoro in materia infortunistica. Si trattò di progetti destinati comunque a non trovare applicazione, vista l'ostilità degli ambienti conservatori vicini a Depretis, che suggerirono al capo del governo di lasciar cadere le proposte del suo Ministro. Eletto nel 1884 vicepresidente della Camera, Berti iniziò gradatamente ad allontanarsi dalla vita politica attiva.
Dal 1888 Berti divenne presidente del Regio Museo Industriale Italiano. Egli adoperò costantemente il suo prestigio a favore dell'istituzione torinese. Nominato nel 1895 primo segretario dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e cancelliere dell'Ordine della Corona d'Italia, Berti fu fatto senatore del Regno nel 1895. Morì a Roma il 22 aprile del 1897.
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