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Sezione 14: RISCHI E BENEFICI
Il difficile equilibrio

(Dal nostro inviato speciale) Milano, 27 luglio

"Se non me ne fossi accorto io, l'avrebbero detto?". La domanda la pone a se stesso il dottor Aldo Cavallaro, direttore del laboratorio di Igiene e Profilassi dell'amministrazione provinciale. E' un interrogativo terribilmente scottante: "loro" sono la Icmesa, la fabbrica di Meda dalla quale sabato 10 luglio si sprigionò la tremenda nube tossica e i tecnici di Zurigo della Givaudan, proprietaria dell'Icmesa, che hanno compiuto gli esami chimici; e la scoperta di Cavallaro è quella relativa al tetracloro-dibenzo-diossina, un veleno che qualcuno classifica il più potente di tutti gli altri. Aldo Cavallaro non sa rispondersi. "Non so, continuo a chiedermi, se quel giorno non avessi manifestato i miei sospetti sulla diossina, come si sarebbero poi comportati". Di fronte a quella precisa ipotesi del chimico milanese, i responsabili dell'Icmesa dissero: " Potrebbe essere come lei dice: i nostri esperti, a Zurigo, stanno studiando la cosa".
Quel giorno era domenica 18 luglio, erano già passati 8 giorni dall'incidente, la gente stava lentamente intossicandosi, gli animali domestici incominciavano a morire a decine. Gli esperti dell'Icmesa e della Givaudan sapevano già che cosa era successo in realtà? Ci sono motivi per sospettarlo. Speravano forse di minimizzare l'accaduto, di mantenere la verità in un alone di mistero, con la convinzione che tutto si sarebbe risolto con modesti danni agli animali da cortile e con qualche allergia a un po' di abitanti?
Il dott. Cavallaro, riandando alle origini del fatto, si convince di una cosa: "Quelli della Icmesa avrebbero dovuto chiamarci subito, sindaci, autorità sanitarie, e dirci chiaramente: "Datevi da fare, ordinate lo sgombero della gente, c'è molto pericolo". E invece ci hanno lasciati nell'incertezza, nell'ambiguità,facendoci perdere tempo prezioso".
Proviamo a seguire lo sviluppo degli eventi ascoltando il racconto di due protagonisti, il sindaco di Seveso, Francesco Rocca, dirigente industriale, e il sopracitato dott. Cavallaro. L'icmesa ( sessanta dipendenti ) è in territorio di Meda, ma sul confine con Seveso, e poiché quel giorno il vento spirava da nord verso sud-est, Meda fu praticamente risparmiata e furono invece investiti Seveso e Cesano Maderno. Racconta il sindaco Rocca: "Soltanto la domenica pomeriggio, cioè oltre ventiquattro ore dopo il fatto, io seppi casualmente da due tecnici dell'Icmesa che sarebbe stato opportuno raccomandare alla popolazione di non mangiare ortaggi del luogo perché erano stati contaminati da un diserbante diffusosi con una nube. Il lunedì mattina, assieme al sindaco di Meda, diedi incarico all'Ufficiale sanitario del Consorzio fra i nostri comuni di fare un'ispezione. Il martedì sera avemmo il risultato: si parlava di danni alle colture e non alle persone".
Giovedì 15, si verificano i primi casi di bambini ammalati e il sindaco Rocca emette una ordinanza che viene notificata ai cittadini , famiglia per famiglia, perchè non tocchino frutta e verdura. L'indomani fa anche piantare una palizzata per delimitare la zona che sembra più colpita.
  "Sabato 17 il dott. Uberti, ufficiale sanitario aggiunto di Seveso - racconta il dott. Cavallaro - mi chiede di effettuare degli esami su del fogliame. Era preoccupato perchè i bambini manifestavano disturbi cutanei e i conigli morivano. Pensava fosse tricloro-fenato-sodico. Nel pomeriggio mi sono recato all'Icmesa. I tecnici mi hanno spiegato come era accaduto l'incidente: un anormale sviluppo di calore del tricloro-fenoloche aveva causato un'esplosione con fuoriuscita di vapori. Quando ho cercato di entrare nel capannone in cui si era verificato il fatto, i tecnici mi hanno con insistenza dissuaso, dicendomi che si potevano essere formati dei prodotti più tossici. Da questo momento ho cominciato a preoccuparmi molto".
Alle 11 di sera il dott. Cavallaro, tornando a Milano, va in biblioteca e si studia tutto quello che concerne il tricloro-fenolo. Apprende che alla alte temperature si può formare il terribile tcdd, tetracloro-dibenzo-paradiossina. Una sostanza che non viene prodotta in nessun laboratorio chimico del mondo, nemmeno per motivi bellici, perchè inutile in quanto, una volta cosparsa su un territorio, rende impossibile la penetrazione delle truppe. La domenica mattina Cavallaro e il pretore vanno nello stabilimento Icmesa, il chimico della Provincia pronuncia quel nome lungo e micidiale. Gli altri non cadono dalle nuvole: "Si - ammettono - può essere, stiamo studiando". Da quanto tempo l'avevano sospettato?
Mercoledì 21 il pretore arresta l'ing. Zwehl , direttore generale dell'Icmesa, e il dott. Paoletti, direttore della produzione . Nel frattempo, i tecnici del laboratorio di Igiene e Profilassi della Provincia sono andati a Zurigo, alla Givaudan, e ne tornano con una boccetta contenente tcdd in soluzione: serve per i parametri degli esami che vengono iniziati febbrilmente su foglie, cereali, acqua. Si lavora anche di notte, presso l'Istituto di Farmacologia e Farmacognosia sotto la direzione dei professori Galli e Cattabeni. I dosaggi sistematici con campionature prese sui luoghi contaminati, mettono in evidenza fino a due milligrammi di diossina per chilogrammo di erba, quantitativo già molto preoccupante.
Ora si sta allargando la zona A di evacuazione, per cercar di rincorrere il nemico invisibile. Ma fin dove è arrivata questa nube? Si hanno notizie di conigli morti in aree sempre più distanti. E intanto si accavallano le voci, anche di carattere medico: gli effetti di questo tossico possono palesarsi anche tre o quattro settimane. Dunque, l'incubo continua. [...]


Remo Lugli, Giorno per giorno la morte su Seveso mentre il pericolo veniva "ignorato", in "La Stampa", mercoledì 28 luglio 1976, anno 108, numero 160, pag. 1.

 

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