Per essere l'oro un composto minerale, che da philosophi e da ogni
intelligente, di grandissima perfettione in far tutti li misti minerali,
è approvato: per il che, e per la molta bellezza, è
openione universale ch'in lui sieno virtu giovevoli a gli homini
eccessive. E però fra tutte le cose, che sono in questo mondo
(dall'animate in fuori) è il primo stimato. Onde anch'io,
per honorarlo, voglio hor qui principiar prima a dir di lui che
d'alcun de gli altri metalli, e in particolar narrarvi la sua concettione
e le sue più apparenti qualità, qual, ancor ch'el
sia metallo notissimo, e da ogni specie di persone desiderato, e
cer Vannuccio Biringuccio (1480-1539) Phirothecnia, Libro I, Venezia,
1559, pp. 1-9.co: non sono però molti che si curin di far
sapere di che sostanze, o di che natural formato il sia. Ma perché
ancor voi non habbiate à essere un di quelli, che solo il
conosciate per il nome, o per la superficie apparente, che ci si
dimostra: vi dico, che le sue originali e proprie materie altro
non sono, che sostanze elementali, con equal quantità e qualità,
l'una all'altra apportionate, e sottilissimamente purifiate: perché
congionte insieme (essendo di forze pari) ne nascie una amicabile,
e perfettissima mistione: e indi appresso la fermentatione, e decottione,
e al fin si fanno fisse, e permanenti, e di tale union congionte,
che quasi sono inseparabili: talche dalla virtù del cielo,
o dal tempo, o pur dall'ordine della sapientissima natura, o da
tutti insieme, si convertono tal sostanze in questo corpo metallico,
chiamato oro: il qual (come è detto) per la sua molta temperanza
e perfettissima e unita mistione si fa denso, e di tal densità,
che non si scioglie dalla permanenza commune, ma quasi nella incorruptibilità:
e la causa è, per non poter contener in se superfluità
alcuna, anco che la fusse sottile e puoca. E di qui è, ch'ancor,
ch'egli sia in terra, o nell'acqua, non apporta seco ruggine nella
longa età, che l'una e l'altra in lui non operano il loro
potere, ne il fuoco, che ogni cosa creata ha forza de incenerare,
o resolvere, anzi non solo col suo vigore da essi si diffende, ma
del continuo si purifica, e fa piu hello. Et similmente la predetta
sua perfetta unione fa esser il suo corpo senza flemma, e senza
ontuosità superflua: onde avien che sempre sta nel suo esser
lucido e bello, nel suo medesimo colore, ne fregato lascia alcuna
tentura negra, o gialla, alle cose, come fanno quasi tutti gli altri
metalli: ne in se anco ha alcun odore, o sapore, che all'odorato,
o al gusto si senta: ne mangiandone per volontà, o per inavertenza,
è veneno della vita, come alcum de gli altri: anzi è
medicina, giovevole à varie egritudini. Et la natura per
propria particolar virtù l'ha per singolar privilegio dottato
a confortare la debolezza del cuore, e de introdurvi gaudio, e letitia,
disponendolo ancora a magnanimità e a grandezza d'opere,
e tal gratia vogliano molti sapienti, che gli sia stata conceduta
dalla benignità del sole, e pero sia tanto grato, e con tanta
sua potenza giovi, e massime a quelli, che se ne trovano havere
li gran sacchi, e le casse piene. Et per concludere, è questo
metallo un corpo trattabile e lucido, di color quasi simile à
quel, che ci mostra il sole. Et hà in se certa intrinsica
attrattion naturale, ch'essendo visto, dispone gli animi à
desiderarlo. Et per questo molte virtù se gli appropriano,
e fa, che tanto precioso è da gli huomini tenuto, anco che
molti molto contra di lui esclamino, accusandolo piu presto per
semente della pestifera e monstruosa avaritia, e per causa de molti
mali, che per giovevole lodandolo. Ma lasciamo da parte questa disputa,
qualsia piu, il male, o il ben che faccia, che saria disputa longa
e inutile, e per questo (come v'ho già detto) di nuovo vi
replico, che le dignità, che in lui si ritrovano, m'han fatto
prima d'esso che d'alcun de gli altri metalli trattare, e tanto
più, quanto mi par, che l'ordine di questa mia opera il ricerchi,
per poter poi meglio scendere al grado de gli altri metalli, acciocche,
se in queste nostre parti d'Italia, à voi o adaltri, la sorte
buona desse d'haver à operare, della prattica almeno senza
luce non vi ritroviate. E l'ho fatto volontieri, perche acquistiate
tanto più di sapere, per esser io certo, che le notitie nuove
sempre partoriscon inventioni nuove ne gli intelletti, e nuove.
Anzi fò certo, che sono le chiavi di far resuscitar l'ingegni,
e da fargli volendo arrivar à certi luochi, che senza il
fondamento d'esse non ch'arrivassero a termini ch'arrivano, ma appresso
accostar non si potrebbero. E però hora, oltra à quello,
che v'ho in general detto, vi dirò in particolare della natura,
e generatione sua, e cosi li segni, ove si produce, e si genera,
per non lasciar indrieto cosa alcuna, e in ultimo vi dirò
come purgar si debba dalla sua superflua terrestreità, però,
detto ch'io harò come trovar la sua minera si possi. Ma perche
li monti che tal minera d'oro contengono, o li luochi ove la prattica
di tal lavoro s'adoperi, non posso dire d'haver con gli occhi veduti,
vi dirò sol quello che (accuratamente cercando d'intenderne)
m'è stato da persone degne di fede narrato, over quello che
leggendo d'alcuni scrittori hò raccolto, da quali ho per
verissimo inteso, che'l più di questo metallo si trova in
Scithia, e in quelle provincie, che fra noi si chiamano orientali,
e forsi perche in quei luochi par che'l sole il suo maggior vigor
estenda. De quali hoggi (secondo la fama) tien l'India il primo
luogo, e massime quelle isole, che l'armati navilii del sacro Re
di Portogallo, e della maiesta dell'Imperatore han di nuovo trovata,
quali (secundo che s'intende) son chiamate il Perù, e anchora
altre. Nell'Europa ancho in più luoghi si trova oro, si come
nella Slesia, e nella Boemia in più luoghi, e cosi ancho
nell'Ongaria, nel Reno e nell'Apsa. Plinio dice, ch'in Austria,
e in Lusitania, ancho se ne trova, e che li romani ne trahevano
ogni anno XXIII di libbre. E cosi parlando di questo precioso metallo
credo certo che se ne generi, e che generar se ne possa in tutti
quelli luoghi, ove il cielo quelle dispositioni e cause elementali
istituisce. Et volendo hor qui particolarmente narrarvi d'esso,
quanto hò intesso, dico che'l si genera in varie specie di
pietre, in asprissimi monti, e che di terra, d'arbori, e d'herbe
son al tutto scoperti, e di tutte le pietre di tal minera la miglior
è, una pietra azurra chiamata Lapis lazuli, ha il suo color
tal pietra azuro, simile al zaffiro, ma non così trasparente,
ne cosi dura, e ancho se ne trova nell'orpimento, e assai piu in
compagnia de minere d'altri metalli. Et anchora assai se ne trova
in fra le arene fluviali in molte provincie. Quel che si trova nelli
monti, è in ordine di filone infra falda e falda, congionta
con la pietra azura, anzi infra essa ne è molto mescolata.
Et questa tal miniera dicano esser tanto megliore, quanto gli è
piu ponderosa, e carica di colore, e fra di essa di dimostrano,
molte piu ponteggiature d'oro: dicono anchora, che se ne genera
in un'altra pietra simile al marmo salegno, ma è di color
morto, e in un'altra ancho, che'l suo color è giallo, con
alcune macchie rosse per dentro. Et ancho dicono trovarsene in certe
pietre negre, sciolte senza ordine, a guisa di bronzi di fiume.
E dicano anchora che se ne trova in certa terra bituminosa, di color
simile all'argilla, e che tal terra è molto ponderosa, e
che ancho hà in se molto odor di zolfo. Et che tal oro, che
in essa si cava, è molto bello, e del tutto quasi fino. Ma
che è cosa molto difficile à cavarlo, perché
è di grana minutissima, e quasi simile à gli attomi,
di modo che l'occhio à gran pena lo discerne. Ne far vi si
puo come nel lapis lazuli, o altre pietre, over come si fa nell'arene
fluviali, che quando il vi si scorge, è di piu col lavar
dificilmente casca in fondo, e con la fusione, con la matre e sua
molta materia terrestre vetrificando s'imposta. Pur al fine con
molta patienza, col mezzo dell'una via e dellaltra, e poi col mercurio
s'aquista.
E (come v'ho avanti detto) se ne troua ancho nelle arene di diversi
fiumi, come in Spagna in quelle del Tago, in Tracia nel Ebro, in
Asia in quelle del Patolo, e del Gange. Nell'Ongaria, e nella Boemia,
e nella Slesia in diversi fiumi, et nella Italia nell'arene del
Tesino, Adda, e Po. Ma non gia per tutte l'arene di lor letti, ma
solo certi particolar luoghi, ove à certi gombiti son alcune
ghiare scoperte, sopra alle quali l'acqua ne tempi delle inundationi
delle piene lascia certa belletta arenosa, insieme con laqual è
detto oro mescolato, di forma minuta, come scagliuole, o manco,
che un sembolino. Hor queste al tempo, dell'inverno prese, passate
che son le piene, le portan fuori quasi del letto del fiume, accioche
lacqua ritornando grossa facilmente non le ritolga, e ne fanno monti:
da poi al tempo della estate con certa patiente e ingeniosa prattica
li cercatori, per purgarlo dalla terrestrità, le lavano,
adattando certe tavole d'albaro, d'olmo, o de noce bianca, o d'altro
legno tiglioso, che habbino li lor piani fatti per arte della sega,
o d'altro ferro tutti stupposi: e sopra queste per longo dritte
con alquanta dependenza cori una pala concava e abondanza d'acqua
tali arene sopra vi gettano. Per il che l'oro, che v'è dentro,
come una materia più grave, entra ne fondi di quelle stuppose
segature, e s'attacca e cosi viene à restar preso e separato
dalla compagnia delle arene. Del quale poi, dove veggano, che laquanto
ne sia restato, con diligenza il raccoglieno, e raccolto alla fine
dell'opera il meteno in uno vaso di legno simile à una navicella
da lavar spazzature, overo un gran tagliero cavato in mezzo, e di
nuovo quanto più possano, per più purificarlo, il
rilavano, e all'ultimo lo immalgamano con il mercurio, e dapoi per
una borsa, o per boccia lo passano, e cosi resta l'oro evaporato,
il mercurio simile à una renella, in fondo, la qual cosa
cosi restata con una poca di borace, o di salnitro, over di sapon
negro accompagnata, si fonde, e si riduce nel suo corpo, dandogli
poi forma di verga, o altra, secondo che gli pare. Et questo è
aponto il modo, che vi sia d'estraere, l'oro dall'arene fluviali.
Della quale opera li cercatori cavano spesso in certe stagioni,
e hanno grandissima utilità, e tanto piu, quanto questa via
per aspurgarlo non ha bisogno, come l'altre, di tanta spesa, per
l'aiuto di tanti huomini, di tante muraglie, di tanti fuochi, e
di tanti altri artificii. Ma solo à questo modo è
bastante un huomo, e una tavola, con una pala, con un poco di mercurio,
e abondanza sofficiente d'acqua, la qual è cosa che l'estate
per diletto si cerca, e dapoi, quel che se ne cava, o poco, o assai
cbe'l sia, è oro, il valor del quale voi ve lo sapete. Ma
lasciamo il parlar hora di queste cose, perche forsi in questo luoco,
si potrebbe da voi, o da altrui cercar di saper certa causa donde
tal oro in tali arene derivi, e sel v'è condotto dall'acqua,
o se pur in queste si produce, sopra delche hò molte volte,
non senza mia gran maraviglia pensato, e massime sopra di quelle
del Tesino, d'Adda, e di Po, perche non hò luce, anchor che
per avanti v'habbi detto, che le gran piene dell'acque il portino,
e donde levar lo possino, per non esser propinqua à niun
di quei luochi minera, d'oro, ne forsi d'altro metallo che si sappi,
e ne sto confuso, perche ho veduti alcuni scrittori, che vogliano,
che in quel luoco proprio, ove si trova, egli si generi, il che
se cosi fosse, non sarebbe vero, che l'acque lo portassero, e anco
che vi si generi mi par cosa difficile a comprehendere, per non
intendere se vi si produce per la vertù propria dell'acque,
o della terra, o pur del cielo, parendomi ragionevole, che se alcuna
fosse di queste che'l producesse per tutto il letto di tal fiume,
e cercando, se ne trovasse per tutto, e in ogni tempo. Et se la
influenza del cielo, come causa potente, è quella che tal
cosa opera, mi par dovere che gli bisognarebbe operar molto immediate,
per non potersi altrimenti osservar l'ordine, che usa la natura
nel generare de metalli: producendolo prima all'aperto, e in loco
dove abonda un flusso continuo d'acqua, oltra che bisogno seria
esser potente a removere le materie terrestri da loco, a loco, e
non da mescolarvi ancora grandissima disaguaglianza di frigidità
e d'humidità, e anco che questo tal composito, e ordine principiato
per l'acque del fiume non l'atterrasse, mi par veder che le pioggie,
o le piene, che vi vanno sopra, le son per distemperare, e rompere,
e al tutto guastare ogni cosa, che d'esso fosse concetta: e anco
vorrei che mi fosse detto, se tal cosa ivi si genera perche solo
in quelli e non in altri lochi se ne genera, e perche, per simil
modo non si genera l'argento, il rame, o il piombo, o qualche un
de gli altri metalli, come l'oro: (materie forsi piu facili alla
natura a formare che l'oro) per le molte concordanze, e ultime perfettioni,
che si gli ricerca, (ancor che in piu lochi per campagna di Roma,
fra le arene di alcuni fiumetti, si trovi minera di ferro minuto,
di color negro, e anco perche questo a certi particolar lochi del
fiume è concesso, e non per tutto). Per le qual ragioni e
apparenti effetti pare, che'l vi sia piu dall'acqua portato, che'l
vi si generi: ne anco il vero per questo nostro contradir si comprende:
perilche (parlandone infra di noi così domesticamente, non
però per ferma resolutione, ma per dirvi quel, che penso)
vi dico, ch'io sto in un de doi concetti, e l'uno è, che
questo solo accade ne fiumi grandi, che riceveno coppie d'acqua
di fonti, di fossati, e altri fiumi, onde (come avien spesso) che
per il disfar delle nevi, o per le grandissime pioggie, si lavano
le ripe, e tutte le pendici de monti vicini, ne quali puo essere
che vi si trovino terre che di propria lor natura habbino sostanza
d'oro, over che in tal loco vi sieno minere ordinate in qualche
acume, o altra superficie, ove gli huomini ancor non habbino preso
cura d'andare, o pur andar facilmente non vi si possa, e che'l sia
allo scoperto del coito del sole, o dalla frigidità delle
nevi, over dell'acqua; macere, perche, qual si vogli cosa che sia,
alle gran quantità delle pioggie si presta commodità
a lograrne, e cosi portarne alli fiumi; over potrebbe esser che
tali terre sieno dentro alli lochi proprii de monti propinqui, o
pur del medesimo principal (che per non mai seccarsi e cessar dal
continuo corso dell'acque a gli occhi nostri sempre è il
fondo ricoperto) non è maraviglia se in tanti secoli la vera
origine e cognition di tal cosa da prossimi e convicini di tali
lochi intesa non sia stata. Ma sia al fine come si vuole, è
vero, che in le arene di molti fiumi si trova oro, e particolarmente
(secondo che ho notitia) nelli sopradetti fiumi.
Onde se di tal cosa ho preso meraviglia, merito al tutto d'essere
escusato perche dove manca l'intendere la causa delle cose per ragione,
o la certezza effettua le apparenze sempre vi sono le cose dubbie,
vi nasce novità di meraviglia. [...]
Et è vero per fin'a hora, che per altre che per due vie (reservando
quella de li mercanti) non so che in queste nostre parti oro puro
ci si trovi, e per ogni uno poco che ci sia, e quello che si trova
per il lavar dell'arene de fiumi: e altro, e quello che dall'industriosa
e sottil arte del partire de gli argenti nuovi, o de dorati, o d'altri
metalli, che ne contenghino, del qual (come v'ho detto) son pochi
che non habbino qualche particella in compagnia, benche qual piu,
e qual manco, secondo le mistioni, e essa permanenza delle lor materie,
over secondo le qualità e forze de pianeti che vi hanno influito:
e questo insomma è quel oro, che nelle nostre parti de Italia
si trova.
Salvo pero se non ci fosse qualche filosofo operante, che con l'arte
sua (come vogliano li curiosi e sottili speculatori) ne facesse
quella copiosa quantità, che li lor libri (o piu presto recettari
non intesi, che di filosofi) alle lor credenze promettano: perilche
a pensar di cio, certamente mi tira piu l'autorità d'alcuno,
che potenti ragioni, ch'io non habbi mai inteso: nelle quali quanto
piu dentro vi riguardo, tanto piu questa lor arte, che tanto essaltano
(e che da gli huomini è tanto desiderata) esser una volontà
vana, e un pensiero imaginato, impossibili a ritrovarlo (se già
non si trovasse chi fusse di qualche spirto angelico patrone, o
che per propria divinità operasse: atteso, che la oscurita
de suoi principii e gl'infiniti termini e accomodamenti di cose,
che de necessità pervenire alla maturità del suo fine
ha dibisogno) perlequali cose non so come mai creder ragionevolmente
vi possa, che quelli tali artisti far mai possino quel, che promettono
o dicono. Et che sia questo il vero, guardisi in tanti secoli tanti
filosofi dottissimi, e delle cose naturali intelligenti, e pratici,
che al mondo stati sono, e anco tanti gran principii, che con le
pecunie, e con le autorità hanno havuto forza d'operare,
e di commandare a tutti li buoni ingegni, che operino in tale arte,
quali per arrivare a tal porto hanno messo alle lor barche vele,
e industriosi remi, e con tramontana hanno navigato, e tentato ogni
possibil cammino, e al fine sommersi (credo nella impossibilità)
non vi è mai, ch'io sappia, fino a hora alcun arrivato (benche
di molti infra li credoli si dica) adducendo in cio piu autorità
di testimonianze, che ragioni di possibilità, over effetti,
che demostrar possino.
Infra liquali è, chi cita Hermete, chi Arlando, chi Raymondo,
chi Geber, chi Occhan, e chi Cratero, chi il sacro Thomaso, chi
il Parigino, e chi non so che frate Elia dell'ordine di san Francesco,
alliquali (per la dignità della scienza lor filosofica, overo
per la santità) vogliono che gli habbi certo rispetto di
fede, o che chi gli ascolta, taccia come ignorante, o che confermi
quel che dicono. Ma non per questo quelli tali non persuadeno, a
chi ben ragionevolmente considera, che l'arte alchimica sia vera,
perche si vede che per desiderio d'haver ricchezze s'accecano di
troppa credenza, e con cercar di voler tal arte per vera seminar
ne gli animi de gli altri, con io effetto dell'apparente lor povertà,
se la tolgano, e anco (quando per loro non adducano l'auttorità
d'Aristotele divinissimo perscrutatore di tutte le scienze, e d'ogn'altro
occulto naturale) ne anco pur quella del sapientissimo Commentatore,
ne alcuni di quelli tanto approbatissimi filosofi antichi, quali
mai d'altri cibi non si son cibati, che della speculatione, e dell'altezza
della filosofica beatitudine, non pur quella di Plinio, o d'Alberto
magno, ogn'un de quali con ogni cura sempre, come bracco ansioso,
per intender le mirabili cose, e potenze della natura, per tutti
li termini e liti del mondo cercando sono andati.
Et da poi che son cascato in questo discorso, come ruota violentemente
mossa, ancor che la sia lasciata, non si ferma, così' anch'io
ritener non mi posso ch'io non segua inanzi di dirvi largamente
quel, che nel giudicio mio di tal cosa sento (ancor ch'io so che
molti in cio pasionati) se per sorte mia questa scrittura leggessero,
me imputarebbono, accusandomi de ignoranza, e prosuntione, ilche
patientemente (se gli udissi, per non combattere) forsi gliel consentirei.
Ma siensi quelli in ciò gli intelligenti, ch'io tal loro
beatitudine di sapere non gl'invidio. Perilche vidico, che usando
ogni diligenza, n'ho veduti più libri di tal cose continenti,
e anco ho tentato solo di conversar con molti loro pratici, per
anco piu intenderne, e non son restato ch'io non abbi tentato di
far qualche effetto, e sonmi etiam trovato udire il parer di molti
sapienti e ingeniose persone, e sentitogli sottilmente disputare,
se tali cose son vere, o pur fabulose imaginationi e in somma, pigliando
tutti li fondamenti alchimici, e da fronte mettendo l'ordine della
natura, e ponderando il proceder dell'una, e 'l proceder dell'altra,
non mi par che habbi in proportione nelle lor possanze: (atteso
che la natura procede nelle cose intrinsecamente, e che con ogni
sua radical sostanza passi tutta nel tutto, e l'arte debolissima
rispetto a essa, la segue, per veder di imitarla, ma va per vie
esteriori e superficiali) difficilissimo sia, e impossibile a penetrar
nelle cose: e prosupposto ch'a gli huomini per tal arte fosse concesso
di poter anco havere di quelle materie prime e proprie, di che la
natura compone li metalli; vorrei che mi dicessero, come haver potrebbono
l'influenze de cieli a loro posta, dalle quali tutte le cose inferiori,
che son dentro a questo convesso del mondo, dependono, e a come
anco saprebbono mai gli huomini con l'arte quelle sostanze elementali
depurare, o le quantità necessarie l'una all'altra proportionate,
e al fin, come fa la natura, conducerle a perfettione, e farne metalli.
Nessun certo (ancor che gli huomini non solo fossero ingeniosi,
ma angeli terreni) creder non posso, che tal cosa fermar potessero.
E però (secondo il mio parere) errano quelli che mettono
in spesa la facoltà loro, e con le longhe e continue vigilie
stanno sempre ardenti nel desiderio, e nell'atto della operazione,
piu che non fa il carbon acceso ne loro fornelli, per veder se potessero
condur a maturita la adamantina durezza di tal frutto, (il che volesse
Iddio che cio far si potesse) perche quelli, che tali cose far sapessero
non solo si potrebbono chiamar huomini, ma dei (essendo quelli ch'al
mondo estinguarebbono l'insattiabil sete dell'avaritia, e per la
straordinaria eccellenza del sapere, colquale di gran longa avanzerebbono
il potere della natura, madre, e ministra di tutte le cose create,
figliuola di Dio, e anima del mondo, con adoperare mezzi, quali
forsi, se lei non gli ha in essere, e se gli ha, a tali effetti
forsi non gli usa: Ma certo, di questo non me inganno, ch'io non
vegga in questo effetto le matri, dove vogliano con tentar tal loro
parto, haver li ventri d'artificial vetro, e le materie in loco
di sperma, esser cose composte accidentali, e similmente li calori
che adoprano non sieno discontinui intemperati fuochi, molto dissimili
alli naturali, con mancargli certa proportion di sostanza nutritiva
et augumentativa, e cosi anco interviene alli tempi, misure, e pesi,
a tali effetti necessarii. E chi dubita, che li principii che vogliono
adoperar questi, non sieno materie seconde, e cose miste, e composte
dall'arte. Dove la natura (secondo li fisici naturali) non vogliono
ch'ella gli usi altrimenti che purissimi: ma quale è più
puerile stoltitia, che creder, che gli huomini con l'ingegno possino
abbreviar il tempo del parto di quelle cose che la natura, volendole
far perfette, non puo far lei (per ricercarsegli forsi la longhezza
determinata ch'essa gli dà) che certo molto utile sarebbe
che nel tempo delle carestie il frumento seminnato con prestezza
a perfettione riducessero, per sopplir alle necessità humana.
Ma la causa che dicano questo, benissimo si comprende, perche l'età
nostra la longhezza del tempo non aspetta, e tal disperatione li
fa credoli, peroche abbreviano il tempo anche loro. Dicono, che
col mezzo di tal loro industriosa arte ritrattano indietro gli effetti
determinati della natura, e che li reducano alle materie prime,
e che separano li spiriti da corpi, e a lor volontà vi gli
ritornano, come se fussero il coltello della loro guaina: credero
bene, che quelle sostanze che nelle cose si chiamano spiriti, sia
possibile con la violenza del foco cavarli, e ridurli in vapori,
ma cavati, non credero già che mai ve li ritornino, che un
tal effetto altro non sarebbe che un saper far resuscitare li morti,
e per piu magnificarsi, dicano, che con tal loro arte trapassano
la natura, non solo in reanimar le cose, ma che etiam gli dànno
la vegetabilità di poter animar dell'altre, il che forsi
la natura, per non aver potuto, o saputo non ha fatto. Et questo
tanto piu mi par difficile, quanto si vedon li metalli esser ridotti
all'ultima lor perfettione: ragionevolmente si die creder, che sien
arrivati a termini, che son fuor dell'ordine della lor materia,
e l'humido radicai nutritivo per arrivare al termine suo, essere
convertito in maturità e anco forse per esser passata per
mezzo la violenza del foco, quando fu purgata, è possibile
che gli habbi rotto quella linea della vita, e presa altra dispositione,
che non havea prima, lequal cose col pensiero fra me ruminando,
resto confuso, che questi credoli sieno tanto della vista accecati,
che queste tali cose tanto apparenti e vere, come 'l dover vorrebbe,
non discernino, ma il desiderio grande che hanno di farsi ricchi,
gli fa andar con lo sguardo lontano, ne veder gli lascia gli intermedii,
pensando solo all'effetto de lor fine, amalandosi di quella ombra
di felicità, che di tal cosa trarrebbeno, dellequali veramente,
si come se le imaginano, se le riuscirebbero, beati chiamar si potrebbeno
però che possederebbono li mezzi da poter seguir l'effetto
quasi d'ogni lor possibile appetito, sopr'avanzando la grandezza
di qual si voglia gran principe, o con la forza dell'armi, over
con le magnificenze e grandezze de gli edifici, o con la virtuosa
e magnanima liberalità, beneficiando le provincie, overo
con la guerra vincendo li turchi, essaltare fino al cielo la christiana
legge, come potrebbeno, e con simili altre opere eccellenti far
si potrebbeno gloriosi e immortali.
E qual sarebbe maggior errore a gli huomini che perder il tempo a
seguitar l'altre scienze e arti? e lasciar d'imparare o studiar questa
tanto utile, e tanto degna, anzi divina e sopra naturale, havendo
forza di produr cose tanto preciose, anzi più perfette, e assai
maggior quantità, e con più commodità e prestezza
che non può far la natura, arte da poterci dar (se vogliamo)
signorie e regni, e gratia dopo morte d'acquistar il cielo con far
elemosine, fabricar monasteri, hospidali, e tempii, e con giovare
sempre al prossimo, non solo con accomodarlo delle facoltà,
ma ancora sanificarlo essendo infirmo, e se è vecchio, dalla
vecchiezza ritornarlo alla gioventù, e a più ottima
perfettione che prima non era? Et così anco a quelli, che son
gia quasi all'altra vita passati, per il poter di tal arte, resuscitargli
la virtù vitale.
Et questa tal loro opera hor la chiamano quinta essenza, e hor lapis
filosoforum, e hor l'oro potabile, con laquale se offeriscano ad ogni
effetto naturale di poter dar il fin che vogliano, assimigliando la
quintaessenza alla natura, e poter di cieli e delle più potenti
stelle, l'oro potabile al spirto, e anima delle cose, e 'I lrapis
al poter della magna natura. Ma con tutto questo que padri dell'arte,
e che ne fumo inventori, e che con tante lodi la essaltarono, son
tutti morti, e non per una non che due o tre gioventù hanno
goduto, e (come promettono) non so che sieno ancor resuscitati: certamente
bella e gloriosa cosa, e di massimo contento farebbe a coloro, che
tal arte alchimica possedessero, quando si trovassero nelle camere
lor una boccia, o altro vaso pieno d'un licore over di Polvere, o
di cosa putrificata, che havesse forza con strabocchevole abondanza,
e con certa influenza continua generar over convertir l'argento vivo
in oro, o in argento, o in che metallo che volessero, con moltiplicare
ogni poca quantità che d'essa habbino presio all'infinito,
perché mai cavandone quanto che se ne cavi, non vogliono che
li possi mai mancare argento, ne oro, e così ancora il poter
operare con tutte quelle virtù eccellenti e somme che alli
creduli tal arte promette. Per il che non con li uomi che tal cosa
chiamano, ma quello Iddio ch'è fattor di tutte le cose, se
quel che dican fosse vero prigion in una boccia potrieno dir d'havere.
E ben da vero si potrebben far beffe de la natura, come fanno quando
dicano voler con tal loro medicina corregger li defetti e mancamenti
d'essa, con ridurre i mettalli imperfetti in quella perfettione, che
lei per sua debilità non ha puotuto.
Hora per haver così detto, o così dire non intendo,
per voler torre o diminuire le virtù sue, se alcuna ne bavesse,
perche al fine se hò qui detto il mio parere, e mi riporto
alla verità del fatto. Con tutto che ancho potrei largamente
dire, che di tale arte trasmutatoria, o alchimica che si chiami, ne
per opera mia, ne d'altri (anchor ch'io non babbi con diligenza ricerco
di veder qualche effetto) mai hebbi gratia di vederne alcuna cosa
degna da dover essere approvata da buoni, o che avanti che pur al
mezzo dell'opera arrivata sia, per vani casi imperfetta lasciarla
non sia bisognato. Per il che merito tanto più haverne con
degna scusatione, e tanto più quanto io son da potenti ragion
tirato, o forsi da natural inclinatione a più presto dover
seguitar il camino delle minere che l'alchimia (anchor che esso maggior
travaglio, di corpo e di mente e maggior spesa sia che quella) e che
in prima apparenza e con parole promette manco, e sia per osservar
più, quanto può più osservar la natura, che l'arte,
o da quella cosa che è con effetto, che quella, che si pensa
che la sia, perché quanto più penso in queste opere
alchimiche, tanto più mi ci invilisco, perché non conosco
ne credo che ancora si sappino, li veri mezzi da edificare li loro
principii, vedendo quelli che tale arte per verissima credono, variamente
pigliarli. Et di più per conoscere anchora la debilità
grande de nostri intelleti, da quale nasce tutti gli errori, e primamente
per non poter cognoscere le virtù intrinseche e particolar
potenze delle cose, e anchora per non sapere procedere à ministrare
li calori che siano aponto consimili alli naturali, e anche per non
haver ordine di poter provedere con remedii a gli infiniti impedimenti,
che nel longo e travaglioso camino di tale operatione in aspettatamente
s'interpongano. De quali se nel processo d'alcuna altra cosa alquanti
ne sono, in questa trabocano, per esser tal arte obligata à
molte diversità d'effetti, come sono fuochi terminati molto
aponto, caso però che far si possino, e così forni e
vasi al proposilo. Et ancho l'haer li materiali potenti purgatissimi
e sottili, e il far buone caicinationi, e resolutioni, putrefattioni,
e sintillationi, e similmente mistioni, decottioni, incenerationi,
e tutte per minima aponto proportionate quanto in tal cosa si ricerca.
Et così per far che tale cose arrivino a termini proprii loro,
e necessario di far di vani minerali e altri simplici, acque, ogli,
e varie sublimationi, e che tutte aponto habbino la lor perfettione,
ne quali effetti se per caso una boccia visi rompe, o che li fuochi
non sieno al lor dovere continuati, e secondo li tempi opportuni diminuiti,
o augmentati, overo che le cose prese per fondamento manchino di virtù.
Manchino anchor di perfettione i lor fini, e che in le sopradette
cose non si manchi mi pare impossibile, perché in tutte operare
aponto senza qualche inciampo, non sarebbe cosa humana, o di quanti
alchimisti mi ricordo d'havere udito lamentationi, per haver chi sparso
per sinistro caso tutta la sua composition fra le ceneri, e chi per
esser stato ingannato dal troppo fuoco, perche se gli erano le sostanze
de suoi materiali brugiate, e che per essergli per inadvertenza essalati
li spiriti, e chi per haver bavuto tristi e debili materiali. Er in
somma chi per un caso, e chi per un'altro, per coprimento o della
lor frode, o della lor ignoranza non gli mancava in diffesa di loro,
o della loro atte 'addurre scuse. Et per concludere al fine non vedendone
altro, dubito che le speranze delle loro fabolose scritture sieno
ombre da mascare, composte da certi Romiti herbolari, per darsi credito,
over da altra gente ociosa, o pur da certi miserrimi alchimisti, per
condur li cupidi in tanta credenza, che nelle necessità loro
gli habbino da soccorrere. Et per dar autorità à loro
recettari, gl'intitulano col nome di tal autore, che non solo non
gli scrisse, ma non pensò forse mai sopra tal materia. Er pero
vi dico, e consiglio come credo che miglior partito sia, voltarsi
all'oro e al natural argento tratto delle minere, più che all'alchimico,
del qual non solamente non credo che se ne trovi, ma ch'alcun mai
con verità ne vedesse anchor che molti dhaverne veduto dichino:
perche non è cosa'che se ne sappi i principii, (come già
v'ho detto pur i suoi principii) e chi delle cose non sa li principii,
manco può intendere li fini. |