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Sezione 01: IL THEATRUM ALCHEMICUM
L'Alchimia e i suoi segreti

    Contro gli alchimisti

Vannoccio Biringucci
De la pirotechnie, Paris 1556

 

L' atteggiamento di Vannoccio Biringucci è quello di un uomo che sa il mestiere, che si misura con le capacità di portare a compimento un' opera. La sua diffidenza nei confronti di affermazioni confuse, che si ammantano di inconsistenti misteri, è presente quasi in ogni capitolo della sua Pirotechnia, che potremmo parafrasare come "Arte del fuoco". Molto sovente parla di finti segreti di bottega di fonditori, che semplicemente operano come a loro par bene di operare, un po' per caso, un po' per intuito. Spesso è stato accostato per questo a Leonardo da Vinci: in realtà i suoi orizzonti sono più ristretti, ma in ogni caso la sua posizione è chiara, e viene espressa senza mezzi termini.

 

Vannoccio non risparmia critiche anche pesanti, o ironia irriverente, nei confronti degli alchimisti, anche quando portano nomi rispettati. Ne ipotizza, con rispetto, la plausibilità, distinguendo l' operare dei philosophi (che condividono con lui e con noi alcune attenzioni assolutamente fondamentali, come quella per la purezza degli elementi e per i procedimenti che portano ad essa), da quello dei sophisti, quelli che alterano ed imitano imperfettamente la natura, la sofisticano (la parola e il concetto sono giunti sino a noi):

"Hor qui non pensate che io vi vogli insegnare tale arte, perché io son uno di quelli che non la so, et però solo vi dirò hora perché più sapiate, che quelli operanti ansiosamente drieto cerchando la vanno, caminano sol per due vie, et l' una è quella che piglia la sua luce dalle parole delli sapienti Philosophi , col mezzo delle quali pensano arrivarla, et questa chiamano via giusta, santa et buona: dicendo che in questa loro altri non sonno che imitatori et coadiutori della natura, anzi operanti et veri medici de' corpi minerali, purgandoli dalle superfluità ... Per il che, come potete comprendere, questi tali correno giorno et notte a briglia rotta, in uno camino circulare senza havere mai posa, e di certo al fine desiderato non so che alchuno arrivato vi sia. ... L' altra via che è da questa molto lontana, ma pur par che che sia nata di essa, ma se l' è sorella o figlia adulterina, chiamasi sophistica, violente et non naturale. Li vitiosi et pratici dela fraude la costumano de esercitare. È arte sol fondata in apparentia et falsità, la quale con varii mescolamenti venenosi corrompe le sustantie de' corpi metallici, et li trasmuta tanto che facilmente li fa parere in primo aspetto quelli che non sonno".
 

Vannoccio Biringucci
De la pirotechnia, Venezia 1560

   

Quando è il momento di irridere l' antagonista Vannoccio Biringucci non esita; così ad esempio nel capitolo sulla calamita:

 
"Alberto Magno scrive nel libro suo De mineralibus, al capitolo de ligaturis et suspensionibus lapidum, che non sol si trova di quella che ha proprietà di tirare il ferro, ma di discaciarlo da sé, come suo oposito, et anchor dice trovarsi alcune ch' àn proprietà di tirare a sé l' oro e non il ferro, et alcune il rame, ded alcune il piombo et lo stagno, et alcune altre la carne humana et l' ossa, et alcune li peli, et alcune altre de l' acqua il pesce. Dice anchora esser d' una sorte che si chiama olearea di che se ne tra' l' oglio, et un' altra che si chiama lapis aceti, di che se ne tra' l' aeto, et una di che si tra' il vino, cì che non mancha a trovarne si non una che produca a posta degli huomini l' herba e 'l sale, che dipoi dove s' andasse far si potrebbe per tutto dove fusse una salata, che avendo dipoi un piatto et un pocho di pane si potrebbe far colatione" (Pirotechnia, II x)

 

L'oro e la formazione dei metalli (De la pirotechnia, Libro I, Venezia, 1540, pp. 1-9)

Per essere l'oro un composto minerale, che da philosophi e da ogni intelligente, di grandissima perfettione in far tutti li misti minerali, è approvato: per il che, e per la molta bellezza, è openione universale ch'in lui sieno virtu giovevoli a gli homini eccessive. E però fra tutte le cose, che sono in questo mondo (dall'animate in fuori) è il primo stimato. Onde anch'io, per honorarlo, voglio hor qui principiar prima a dir di lui che d'alcun de gli altri metalli, e in particolar narrarvi la sua concettione e le sue più apparenti qualità, qual, ancor ch'el sia metallo notissimo, e da ogni specie di persone desiderato, e cer Vannuccio Biringuccio (1480-1539) Phirothecnia, Libro I, Venezia, 1559, pp. 1-9.co: non sono però molti che si curin di far sapere di che sostanze, o di che natural formato il sia. Ma perché ancor voi non habbiate à essere un di quelli, che solo il conosciate per il nome, o per la superficie apparente, che ci si dimostra: vi dico, che le sue originali e proprie materie altro non sono, che sostanze elementali, con equal quantità e qualità, l'una all'altra apportionate, e sottilissimamente purifiate: perché congionte insieme (essendo di forze pari) ne nascie una amicabile, e perfettissima mistione: e indi appresso la fermentatione, e decottione, e al fin si fanno fisse, e permanenti, e di tale union congionte, che quasi sono inseparabili: talche dalla virtù del cielo, o dal tempo, o pur dall'ordine della sapientissima natura, o da tutti insieme, si convertono tal sostanze in questo corpo metallico, chiamato oro: il qual (come è detto) per la sua molta temperanza e perfettissima e unita mistione si fa denso, e di tal densità, che non si scioglie dalla permanenza commune, ma quasi nella incorruptibilità: e la causa è, per non poter contener in se superfluità alcuna, anco che la fusse sottile e puoca. E di qui è, ch'ancor, ch'egli sia in terra, o nell'acqua, non apporta seco ruggine nella longa età, che l'una e l'altra in lui non operano il loro potere, ne il fuoco, che ogni cosa creata ha forza de incenerare, o resolvere, anzi non solo col suo vigore da essi si diffende, ma del continuo si purifica, e fa piu hello. Et similmente la predetta sua perfetta unione fa esser il suo corpo senza flemma, e senza ontuosità superflua: onde avien che sempre sta nel suo esser lucido e bello, nel suo medesimo colore, ne fregato lascia alcuna tentura negra, o gialla, alle cose, come fanno quasi tutti gli altri metalli: ne in se anco ha alcun odore, o sapore, che all'odorato, o al gusto si senta: ne mangiandone per volontà, o per inavertenza, è veneno della vita, come alcum de gli altri: anzi è medicina, giovevole à varie egritudini. Et la natura per propria particolar virtù l'ha per singolar privilegio dottato a confortare la debolezza del cuore, e de introdurvi gaudio, e letitia, disponendolo ancora a magnanimità e a grandezza d'opere, e tal gratia vogliano molti sapienti, che gli sia stata conceduta dalla benignità del sole, e pero sia tanto grato, e con tanta sua potenza giovi, e massime a quelli, che se ne trovano havere li gran sacchi, e le casse piene. Et per concludere, è questo metallo un corpo trattabile e lucido, di color quasi simile à quel, che ci mostra il sole. Et hà in se certa intrinsica attrattion naturale, ch'essendo visto, dispone gli animi à desiderarlo. Et per questo molte virtù se gli appropriano, e fa, che tanto precioso è da gli huomini tenuto, anco che molti molto contra di lui esclamino, accusandolo piu presto per semente della pestifera e monstruosa avaritia, e per causa de molti mali, che per giovevole lodandolo. Ma lasciamo da parte questa disputa, qualsia piu, il male, o il ben che faccia, che saria disputa longa e inutile, e per questo (come v'ho già detto) di nuovo vi replico, che le dignità, che in lui si ritrovano, m'han fatto prima d'esso che d'alcun de gli altri metalli trattare, e tanto più, quanto mi par, che l'ordine di questa mia opera il ricerchi, per poter poi meglio scendere al grado de gli altri metalli, acciocche, se in queste nostre parti d'Italia, à voi o adaltri, la sorte buona desse d'haver à operare, della prattica almeno senza luce non vi ritroviate. E l'ho fatto volontieri, perche acquistiate tanto più di sapere, per esser io certo, che le notitie nuove sempre partoriscon inventioni nuove ne gli intelletti, e nuove. Anzi fò certo, che sono le chiavi di far resuscitar l'ingegni, e da fargli volendo arrivar à certi luochi, che senza il fondamento d'esse non ch'arrivassero a termini ch'arrivano, ma appresso accostar non si potrebbero. E però hora, oltra à quello, che v'ho in general detto, vi dirò in particolare della natura, e generatione sua, e cosi li segni, ove si produce, e si genera, per non lasciar indrieto cosa alcuna, e in ultimo vi dirò come purgar si debba dalla sua superflua terrestreità, però, detto ch'io harò come trovar la sua minera si possi. Ma perche li monti che tal minera d'oro contengono, o li luochi ove la prattica di tal lavoro s'adoperi, non posso dire d'haver con gli occhi veduti, vi dirò sol quello che (accuratamente cercando d'intenderne) m'è stato da persone degne di fede narrato, over quello che leggendo d'alcuni scrittori hò raccolto, da quali ho per verissimo inteso, che'l più di questo metallo si trova in Scithia, e in quelle provincie, che fra noi si chiamano orientali, e forsi perche in quei luochi par che'l sole il suo maggior vigor estenda. De quali hoggi (secondo la fama) tien l'India il primo luogo, e massime quelle isole, che l'armati navilii del sacro Re di Portogallo, e della maiesta dell'Imperatore han di nuovo trovata, quali (secundo che s'intende) son chiamate il Perù, e anchora altre. Nell'Europa ancho in più luoghi si trova oro, si come nella Slesia, e nella Boemia in più luoghi, e cosi ancho nell'Ongaria, nel Reno e nell'Apsa. Plinio dice, ch'in Austria, e in Lusitania, ancho se ne trova, e che li romani ne trahevano ogni anno XXIII di libbre. E cosi parlando di questo precioso metallo credo certo che se ne generi, e che generar se ne possa in tutti quelli luoghi, ove il cielo quelle dispositioni e cause elementali istituisce. Et volendo hor qui particolarmente narrarvi d'esso, quanto hò intesso, dico che'l si genera in varie specie di pietre, in asprissimi monti, e che di terra, d'arbori, e d'herbe son al tutto scoperti, e di tutte le pietre di tal minera la miglior è, una pietra azurra chiamata Lapis lazuli, ha il suo color tal pietra azuro, simile al zaffiro, ma non così trasparente, ne cosi dura, e ancho se ne trova nell'orpimento, e assai piu in compagnia de minere d'altri metalli. Et anchora assai se ne trova in fra le arene fluviali in molte provincie. Quel che si trova nelli monti, è in ordine di filone infra falda e falda, congionta con la pietra azura, anzi infra essa ne è molto mescolata. Et questa tal miniera dicano esser tanto megliore, quanto gli è piu ponderosa, e carica di colore, e fra di essa di dimostrano, molte piu ponteggiature d'oro: dicono anchora, che se ne genera in un'altra pietra simile al marmo salegno, ma è di color morto, e in un'altra ancho, che'l suo color è giallo, con alcune macchie rosse per dentro. Et ancho dicono trovarsene in certe pietre negre, sciolte senza ordine, a guisa di bronzi di fiume. E dicano anchora che se ne trova in certa terra bituminosa, di color simile all'argilla, e che tal terra è molto ponderosa, e che ancho hà in se molto odor di zolfo. Et che tal oro, che in essa si cava, è molto bello, e del tutto quasi fino. Ma che è cosa molto difficile à cavarlo, perché è di grana minutissima, e quasi simile à gli attomi, di modo che l'occhio à gran pena lo discerne. Ne far vi si puo come nel lapis lazuli, o altre pietre, over come si fa nell'arene fluviali, che quando il vi si scorge, è di piu col lavar dificilmente casca in fondo, e con la fusione, con la matre e sua molta materia terrestre vetrificando s'imposta. Pur al fine con molta patienza, col mezzo dell'una via e dellaltra, e poi col mercurio s'aquista.
E (come v'ho avanti detto) se ne troua ancho nelle arene di diversi fiumi, come in Spagna in quelle del Tago, in Tracia nel Ebro, in Asia in quelle del Patolo, e del Gange. Nell'Ongaria, e nella Boemia, e nella Slesia in diversi fiumi, et nella Italia nell'arene del Tesino, Adda, e Po. Ma non gia per tutte l'arene di lor letti, ma solo certi particolar luoghi, ove à certi gombiti son alcune ghiare scoperte, sopra alle quali l'acqua ne tempi delle inundationi delle piene lascia certa belletta arenosa, insieme con laqual è detto oro mescolato, di forma minuta, come scagliuole, o manco, che un sembolino. Hor queste al tempo, dell'inverno prese, passate che son le piene, le portan fuori quasi del letto del fiume, accioche lacqua ritornando grossa facilmente non le ritolga, e ne fanno monti: da poi al tempo della estate con certa patiente e ingeniosa prattica li cercatori, per purgarlo dalla terrestrità, le lavano, adattando certe tavole d'albaro, d'olmo, o de noce bianca, o d'altro legno tiglioso, che habbino li lor piani fatti per arte della sega, o d'altro ferro tutti stupposi: e sopra queste per longo dritte con alquanta dependenza cori una pala concava e abondanza d'acqua tali arene sopra vi gettano. Per il che l'oro, che v'è dentro, come una materia più grave, entra ne fondi di quelle stuppose segature, e s'attacca e cosi viene à restar preso e separato dalla compagnia delle arene. Del quale poi, dove veggano, che laquanto ne sia restato, con diligenza il raccoglieno, e raccolto alla fine dell'opera il meteno in uno vaso di legno simile à una navicella da lavar spazzature, overo un gran tagliero cavato in mezzo, e di nuovo quanto più possano, per più purificarlo, il rilavano, e all'ultimo lo immalgamano con il mercurio, e dapoi per una borsa, o per boccia lo passano, e cosi resta l'oro evaporato, il mercurio simile à una renella, in fondo, la qual cosa cosi restata con una poca di borace, o di salnitro, over di sapon negro accompagnata, si fonde, e si riduce nel suo corpo, dandogli poi forma di verga, o altra, secondo che gli pare. Et questo è aponto il modo, che vi sia d'estraere, l'oro dall'arene fluviali. Della quale opera li cercatori cavano spesso in certe stagioni, e hanno grandissima utilità, e tanto piu, quanto questa via per aspurgarlo non ha bisogno, come l'altre, di tanta spesa, per l'aiuto di tanti huomini, di tante muraglie, di tanti fuochi, e di tanti altri artificii. Ma solo à questo modo è bastante un huomo, e una tavola, con una pala, con un poco di mercurio, e abondanza sofficiente d'acqua, la qual è cosa che l'estate per diletto si cerca, e dapoi, quel che se ne cava, o poco, o assai cbe'l sia, è oro, il valor del quale voi ve lo sapete. Ma lasciamo il parlar hora di queste cose, perche forsi in questo luoco, si potrebbe da voi, o da altrui cercar di saper certa causa donde tal oro in tali arene derivi, e sel v'è condotto dall'acqua, o se pur in queste si produce, sopra delche hò molte volte, non senza mia gran maraviglia pensato, e massime sopra di quelle del Tesino, d'Adda, e di Po, perche non hò luce, anchor che per avanti v'habbi detto, che le gran piene dell'acque il portino, e donde levar lo possino, per non esser propinqua à niun di quei luochi minera, d'oro, ne forsi d'altro metallo che si sappi, e ne sto confuso, perche ho veduti alcuni scrittori, che vogliano, che in quel luoco proprio, ove si trova, egli si generi, il che se cosi fosse, non sarebbe vero, che l'acque lo portassero, e anco che vi si generi mi par cosa difficile a comprehendere, per non intendere se vi si produce per la vertù propria dell'acque, o della terra, o pur del cielo, parendomi ragionevole, che se alcuna fosse di queste che'l producesse per tutto il letto di tal fiume, e cercando, se ne trovasse per tutto, e in ogni tempo. Et se la influenza del cielo, come causa potente, è quella che tal cosa opera, mi par dovere che gli bisognarebbe operar molto immediate, per non potersi altrimenti osservar l'ordine, che usa la natura nel generare de metalli: producendolo prima all'aperto, e in loco dove abonda un flusso continuo d'acqua, oltra che bisogno seria esser potente a removere le materie terrestri da loco, a loco, e non da mescolarvi ancora grandissima disaguaglianza di frigidità e d'humidità, e anco che questo tal composito, e ordine principiato per l'acque del fiume non l'atterrasse, mi par veder che le pioggie, o le piene, che vi vanno sopra, le son per distemperare, e rompere, e al tutto guastare ogni cosa, che d'esso fosse concetta: e anco vorrei che mi fosse detto, se tal cosa ivi si genera perche solo in quelli e non in altri lochi se ne genera, e perche, per simil modo non si genera l'argento, il rame, o il piombo, o qualche un de gli altri metalli, come l'oro: (materie forsi piu facili alla natura a formare che l'oro) per le molte concordanze, e ultime perfettioni, che si gli ricerca, (ancor che in piu lochi per campagna di Roma, fra le arene di alcuni fiumetti, si trovi minera di ferro minuto, di color negro, e anco perche questo a certi particolar lochi del fiume è concesso, e non per tutto). Per le qual ragioni e apparenti effetti pare, che'l vi sia piu dall'acqua portato, che'l vi si generi: ne anco il vero per questo nostro contradir si comprende: perilche (parlandone infra di noi così domesticamente, non però per ferma resolutione, ma per dirvi quel, che penso) vi dico, ch'io sto in un de doi concetti, e l'uno è, che questo solo accade ne fiumi grandi, che riceveno coppie d'acqua di fonti, di fossati, e altri fiumi, onde (come avien spesso) che per il disfar delle nevi, o per le grandissime pioggie, si lavano le ripe, e tutte le pendici de monti vicini, ne quali puo essere che vi si trovino terre che di propria lor natura habbino sostanza d'oro, over che in tal loco vi sieno minere ordinate in qualche acume, o altra superficie, ove gli huomini ancor non habbino preso cura d'andare, o pur andar facilmente non vi si possa, e che'l sia allo scoperto del coito del sole, o dalla frigidità delle nevi, over dell'acqua; macere, perche, qual si vogli cosa che sia, alle gran quantità delle pioggie si presta commodità a lograrne, e cosi portarne alli fiumi; over potrebbe esser che tali terre sieno dentro alli lochi proprii de monti propinqui, o pur del medesimo principal (che per non mai seccarsi e cessar dal continuo corso dell'acque a gli occhi nostri sempre è il fondo ricoperto) non è maraviglia se in tanti secoli la vera origine e cognition di tal cosa da prossimi e convicini di tali lochi intesa non sia stata. Ma sia al fine come si vuole, è vero, che in le arene di molti fiumi si trova oro, e particolarmente (secondo che ho notitia) nelli sopradetti fiumi.
Onde se di tal cosa ho preso meraviglia, merito al tutto d'essere escusato perche dove manca l'intendere la causa delle cose per ragione, o la certezza effettua le apparenze sempre vi sono le cose dubbie, vi nasce novità di meraviglia. [...]
Et è vero per fin'a hora, che per altre che per due vie (reservando quella de li mercanti) non so che in queste nostre parti oro puro ci si trovi, e per ogni uno poco che ci sia, e quello che si trova per il lavar dell'arene de fiumi: e altro, e quello che dall'industriosa e sottil arte del partire de gli argenti nuovi, o de dorati, o d'altri metalli, che ne contenghino, del qual (come v'ho detto) son pochi che non habbino qualche particella in compagnia, benche qual piu, e qual manco, secondo le mistioni, e essa permanenza delle lor materie, over secondo le qualità e forze de pianeti che vi hanno influito: e questo insomma è quel oro, che nelle nostre parti de Italia si trova.
Salvo pero se non ci fosse qualche filosofo operante, che con l'arte sua (come vogliano li curiosi e sottili speculatori) ne facesse quella copiosa quantità, che li lor libri (o piu presto recettari non intesi, che di filosofi) alle lor credenze promettano: perilche a pensar di cio, certamente mi tira piu l'autorità d'alcuno, che potenti ragioni, ch'io non habbi mai inteso: nelle quali quanto piu dentro vi riguardo, tanto piu questa lor arte, che tanto essaltano (e che da gli huomini è tanto desiderata) esser una volontà vana, e un pensiero imaginato, impossibili a ritrovarlo (se già non si trovasse chi fusse di qualche spirto angelico patrone, o che per propria divinità operasse: atteso, che la oscurita de suoi principii e gl'infiniti termini e accomodamenti di cose, che de necessità pervenire alla maturità del suo fine ha dibisogno) perlequali cose non so come mai creder ragionevolmente vi possa, che quelli tali artisti far mai possino quel, che promettono o dicono. Et che sia questo il vero, guardisi in tanti secoli tanti filosofi dottissimi, e delle cose naturali intelligenti, e pratici, che al mondo stati sono, e anco tanti gran principii, che con le pecunie, e con le autorità hanno havuto forza d'operare, e di commandare a tutti li buoni ingegni, che operino in tale arte, quali per arrivare a tal porto hanno messo alle lor barche vele, e industriosi remi, e con tramontana hanno navigato, e tentato ogni possibil cammino, e al fine sommersi (credo nella impossibilità) non vi è mai, ch'io sappia, fino a hora alcun arrivato (benche di molti infra li credoli si dica) adducendo in cio piu autorità di testimonianze, che ragioni di possibilità, over effetti, che demostrar possino.
Infra liquali è, chi cita Hermete, chi Arlando, chi Raymondo, chi Geber, chi Occhan, e chi Cratero, chi il sacro Thomaso, chi il Parigino, e chi non so che frate Elia dell'ordine di san Francesco, alliquali (per la dignità della scienza lor filosofica, overo per la santità) vogliono che gli habbi certo rispetto di fede, o che chi gli ascolta, taccia come ignorante, o che confermi quel che dicono. Ma non per questo quelli tali non persuadeno, a chi ben ragionevolmente considera, che l'arte alchimica sia vera, perche si vede che per desiderio d'haver ricchezze s'accecano di troppa credenza, e con cercar di voler tal arte per vera seminar ne gli animi de gli altri, con io effetto dell'apparente lor povertà, se la tolgano, e anco (quando per loro non adducano l'auttorità d'Aristotele divinissimo perscrutatore di tutte le scienze, e d'ogn'altro occulto naturale) ne anco pur quella del sapientissimo Commentatore, ne alcuni di quelli tanto approbatissimi filosofi antichi, quali mai d'altri cibi non si son cibati, che della speculatione, e dell'altezza della filosofica beatitudine, non pur quella di Plinio, o d'Alberto magno, ogn'un de quali con ogni cura sempre, come bracco ansioso, per intender le mirabili cose, e potenze della natura, per tutti li termini e liti del mondo cercando sono andati.
Et da poi che son cascato in questo discorso, come ruota violentemente mossa, ancor che la sia lasciata, non si ferma, così' anch'io ritener non mi posso ch'io non segua inanzi di dirvi largamente quel, che nel giudicio mio di tal cosa sento (ancor ch'io so che molti in cio pasionati) se per sorte mia questa scrittura leggessero, me imputarebbono, accusandomi de ignoranza, e prosuntione, ilche patientemente (se gli udissi, per non combattere) forsi gliel consentirei. Ma siensi quelli in ciò gli intelligenti, ch'io tal loro beatitudine di sapere non gl'invidio. Perilche vidico, che usando ogni diligenza, n'ho veduti più libri di tal cose continenti, e anco ho tentato solo di conversar con molti loro pratici, per anco piu intenderne, e non son restato ch'io non abbi tentato di far qualche effetto, e sonmi etiam trovato udire il parer di molti sapienti e ingeniose persone, e sentitogli sottilmente disputare, se tali cose son vere, o pur fabulose imaginationi e in somma, pigliando tutti li fondamenti alchimici, e da fronte mettendo l'ordine della natura, e ponderando il proceder dell'una, e 'l proceder dell'altra, non mi par che habbi in proportione nelle lor possanze: (atteso che la natura procede nelle cose intrinsecamente, e che con ogni sua radical sostanza passi tutta nel tutto, e l'arte debolissima rispetto a essa, la segue, per veder di imitarla, ma va per vie esteriori e superficiali) difficilissimo sia, e impossibile a penetrar nelle cose: e prosupposto ch'a gli huomini per tal arte fosse concesso di poter anco havere di quelle materie prime e proprie, di che la natura compone li metalli; vorrei che mi dicessero, come haver potrebbono l'influenze de cieli a loro posta, dalle quali tutte le cose inferiori, che son dentro a questo convesso del mondo, dependono, e a come anco saprebbono mai gli huomini con l'arte quelle sostanze elementali depurare, o le quantità necessarie l'una all'altra proportionate, e al fin, come fa la natura, conducerle a perfettione, e farne metalli. Nessun certo (ancor che gli huomini non solo fossero ingeniosi, ma angeli terreni) creder non posso, che tal cosa fermar potessero. E però (secondo il mio parere) errano quelli che mettono in spesa la facoltà loro, e con le longhe e continue vigilie stanno sempre ardenti nel desiderio, e nell'atto della operazione, piu che non fa il carbon acceso ne loro fornelli, per veder se potessero condur a maturita la adamantina durezza di tal frutto, (il che volesse Iddio che cio far si potesse) perche quelli, che tali cose far sapessero non solo si potrebbono chiamar huomini, ma dei (essendo quelli ch'al mondo estinguarebbono l'insattiabil sete dell'avaritia, e per la straordinaria eccellenza del sapere, colquale di gran longa avanzerebbono il potere della natura, madre, e ministra di tutte le cose create, figliuola di Dio, e anima del mondo, con adoperare mezzi, quali forsi, se lei non gli ha in essere, e se gli ha, a tali effetti forsi non gli usa: Ma certo, di questo non me inganno, ch'io non vegga in questo effetto le matri, dove vogliano con tentar tal loro parto, haver li ventri d'artificial vetro, e le materie in loco di sperma, esser cose composte accidentali, e similmente li calori che adoprano non sieno discontinui intemperati fuochi, molto dissimili alli naturali, con mancargli certa proportion di sostanza nutritiva et augumentativa, e cosi anco interviene alli tempi, misure, e pesi, a tali effetti necessarii. E chi dubita, che li principii che vogliono adoperar questi, non sieno materie seconde, e cose miste, e composte dall'arte. Dove la natura (secondo li fisici naturali) non vogliono ch'ella gli usi altrimenti che purissimi: ma quale è più puerile stoltitia, che creder, che gli huomini con l'ingegno possino abbreviar il tempo del parto di quelle cose che la natura, volendole far perfette, non puo far lei (per ricercarsegli forsi la longhezza determinata ch'essa gli dà) che certo molto utile sarebbe che nel tempo delle carestie il frumento seminnato con prestezza a perfettione riducessero, per sopplir alle necessità humana. Ma la causa che dicano questo, benissimo si comprende, perche l'età nostra la longhezza del tempo non aspetta, e tal disperatione li fa credoli, peroche abbreviano il tempo anche loro. Dicono, che col mezzo di tal loro industriosa arte ritrattano indietro gli effetti determinati della natura, e che li reducano alle materie prime, e che separano li spiriti da corpi, e a lor volontà vi gli ritornano, come se fussero il coltello della loro guaina: credero bene, che quelle sostanze che nelle cose si chiamano spiriti, sia possibile con la violenza del foco cavarli, e ridurli in vapori, ma cavati, non credero già che mai ve li ritornino, che un tal effetto altro non sarebbe che un saper far resuscitare li morti, e per piu magnificarsi, dicano, che con tal loro arte trapassano la natura, non solo in reanimar le cose, ma che etiam gli dànno la vegetabilità di poter animar dell'altre, il che forsi la natura, per non aver potuto, o saputo non ha fatto. Et questo tanto piu mi par difficile, quanto si vedon li metalli esser ridotti all'ultima lor perfettione: ragionevolmente si die creder, che sien arrivati a termini, che son fuor dell'ordine della lor materia, e l'humido radicai nutritivo per arrivare al termine suo, essere convertito in maturità e anco forse per esser passata per mezzo la violenza del foco, quando fu purgata, è possibile che gli habbi rotto quella linea della vita, e presa altra dispositione, che non havea prima, lequal cose col pensiero fra me ruminando, resto confuso, che questi credoli sieno tanto della vista accecati, che queste tali cose tanto apparenti e vere, come 'l dover vorrebbe, non discernino, ma il desiderio grande che hanno di farsi ricchi, gli fa andar con lo sguardo lontano, ne veder gli lascia gli intermedii, pensando solo all'effetto de lor fine, amalandosi di quella ombra di felicità, che di tal cosa trarrebbeno, dellequali veramente, si come se le imaginano, se le riuscirebbero, beati chiamar si potrebbeno però che possederebbono li mezzi da poter seguir l'effetto quasi d'ogni lor possibile appetito, sopr'avanzando la grandezza di qual si voglia gran principe, o con la forza dell'armi, over con le magnificenze e grandezze de gli edifici, o con la virtuosa e magnanima liberalità, beneficiando le provincie, overo con la guerra vincendo li turchi, essaltare fino al cielo la christiana legge, come potrebbeno, e con simili altre opere eccellenti far si potrebbeno gloriosi e immortali.

E qual sarebbe maggior errore a gli huomini che perder il tempo a seguitar l'altre scienze e arti? e lasciar d'imparare o studiar questa tanto utile, e tanto degna, anzi divina e sopra naturale, havendo forza di produr cose tanto preciose, anzi più perfette, e assai maggior quantità, e con più commodità e prestezza che non può far la natura, arte da poterci dar (se vogliamo) signorie e regni, e gratia dopo morte d'acquistar il cielo con far elemosine, fabricar monasteri, hospidali, e tempii, e con giovare sempre al prossimo, non solo con accomodarlo delle facoltà, ma ancora sanificarlo essendo infirmo, e se è vecchio, dalla vecchiezza ritornarlo alla gioventù, e a più ottima perfettione che prima non era? Et così anco a quelli, che son gia quasi all'altra vita passati, per il poter di tal arte, resuscitargli la virtù vitale.
Et questa tal loro opera hor la chiamano quinta essenza, e hor lapis filosoforum, e hor l'oro potabile, con laquale se offeriscano ad ogni effetto naturale di poter dar il fin che vogliano, assimigliando la quintaessenza alla natura, e poter di cieli e delle più potenti stelle, l'oro potabile al spirto, e anima delle cose, e 'I lrapis al poter della magna natura. Ma con tutto questo que padri dell'arte, e che ne fumo inventori, e che con tante lodi la essaltarono, son tutti morti, e non per una non che due o tre gioventù hanno goduto, e (come promettono) non so che sieno ancor resuscitati: certamente bella e gloriosa cosa, e di massimo contento farebbe a coloro, che tal arte alchimica possedessero, quando si trovassero nelle camere lor una boccia, o altro vaso pieno d'un licore over di Polvere, o di cosa putrificata, che havesse forza con strabocchevole abondanza, e con certa influenza continua generar over convertir l'argento vivo in oro, o in argento, o in che metallo che volessero, con moltiplicare ogni poca quantità che d'essa habbino presio all'infinito, perché mai cavandone quanto che se ne cavi, non vogliono che li possi mai mancare argento, ne oro, e così ancora il poter operare con tutte quelle virtù eccellenti e somme che alli creduli tal arte promette. Per il che non con li uomi che tal cosa chiamano, ma quello Iddio ch'è fattor di tutte le cose, se quel che dican fosse vero prigion in una boccia potrieno dir d'havere. E ben da vero si potrebben far beffe de la natura, come fanno quando dicano voler con tal loro medicina corregger li defetti e mancamenti d'essa, con ridurre i mettalli imperfetti in quella perfettione, che lei per sua debilità non ha puotuto.
Hora per haver così detto, o così dire non intendo, per voler torre o diminuire le virtù sue, se alcuna ne bavesse, perche al fine se hò qui detto il mio parere, e mi riporto alla verità del fatto. Con tutto che ancho potrei largamente dire, che di tale arte trasmutatoria, o alchimica che si chiami, ne per opera mia, ne d'altri (anchor ch'io non babbi con diligenza ricerco di veder qualche effetto) mai hebbi gratia di vederne alcuna cosa degna da dover essere approvata da buoni, o che avanti che pur al mezzo dell'opera arrivata sia, per vani casi imperfetta lasciarla non sia bisognato. Per il che merito tanto più haverne con degna scusatione, e tanto più quanto io son da potenti ragion tirato, o forsi da natural inclinatione a più presto dover seguitar il camino delle minere che l'alchimia (anchor che esso maggior travaglio, di corpo e di mente e maggior spesa sia che quella) e che in prima apparenza e con parole promette manco, e sia per osservar più, quanto può più osservar la natura, che l'arte, o da quella cosa che è con effetto, che quella, che si pensa che la sia, perché quanto più penso in queste opere alchimiche, tanto più mi ci invilisco, perché non conosco ne credo che ancora si sappino, li veri mezzi da edificare li loro principii, vedendo quelli che tale arte per verissima credono, variamente pigliarli. Et di più per conoscere anchora la debilità grande de nostri intelleti, da quale nasce tutti gli errori, e primamente per non poter cognoscere le virtù intrinseche e particolar potenze delle cose, e anchora per non sapere procedere à ministrare li calori che siano aponto consimili alli naturali, e anche per non haver ordine di poter provedere con remedii a gli infiniti impedimenti, che nel longo e travaglioso camino di tale operatione in aspettatamente s'interpongano. De quali se nel processo d'alcuna altra cosa alquanti ne sono, in questa trabocano, per esser tal arte obligata à molte diversità d'effetti, come sono fuochi terminati molto aponto, caso però che far si possino, e così forni e vasi al proposilo. Et ancho l'haer li materiali potenti purgatissimi e sottili, e il far buone caicinationi, e resolutioni, putrefattioni, e sintillationi, e similmente mistioni, decottioni, incenerationi, e tutte per minima aponto proportionate quanto in tal cosa si ricerca. Et così per far che tale cose arrivino a termini proprii loro, e necessario di far di vani minerali e altri simplici, acque, ogli, e varie sublimationi, e che tutte aponto habbino la lor perfettione, ne quali effetti se per caso una boccia visi rompe, o che li fuochi non sieno al lor dovere continuati, e secondo li tempi opportuni diminuiti, o augmentati, overo che le cose prese per fondamento manchino di virtù. Manchino anchor di perfettione i lor fini, e che in le sopradette cose non si manchi mi pare impossibile, perché in tutte operare aponto senza qualche inciampo, non sarebbe cosa humana, o di quanti alchimisti mi ricordo d'havere udito lamentationi, per haver chi sparso per sinistro caso tutta la sua composition fra le ceneri, e chi per esser stato ingannato dal troppo fuoco, perche se gli erano le sostanze de suoi materiali brugiate, e che per essergli per inadvertenza essalati li spiriti, e chi per haver bavuto tristi e debili materiali. Er in somma chi per un caso, e chi per un'altro, per coprimento o della lor frode, o della lor ignoranza non gli mancava in diffesa di loro, o della loro atte 'addurre scuse. Et per concludere al fine non vedendone altro, dubito che le speranze delle loro fabolose scritture sieno ombre da mascare, composte da certi Romiti herbolari, per darsi credito, over da altra gente ociosa, o pur da certi miserrimi alchimisti, per condur li cupidi in tanta credenza, che nelle necessità loro gli habbino da soccorrere. Et per dar autorità à loro recettari, gl'intitulano col nome di tal autore, che non solo non gli scrisse, ma non pensò forse mai sopra tal materia. Er pero vi dico, e consiglio come credo che miglior partito sia, voltarsi all'oro e al natural argento tratto delle minere, più che all'alchimico, del qual non solamente non credo che se ne trovi, ma ch'alcun mai con verità ne vedesse anchor che molti dhaverne veduto dichino: perche non è cosa'che se ne sappi i principii, (come già v'ho detto pur i suoi principii) e chi delle cose non sa li principii, manco può intendere li fini.

 

 

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