In Europa l'Ottocento fu un secolo di trasformazioni profonde,
ad ogni livello della società. Dal generale sviluppo economico,
scientifico e tecnologico, alla formazione degli stati nazionali
in Germania e in Italia, al dilagare in Africa e Asia dell'imperialismo
inglese e francese, una miriade di mutamenti imponenti sconvolse
le mappe concettuali e geografiche del Vecchio Continente. Per le
sue strette connessioni con molti aspetti della vita sociale, e
con le altre scienze, la chimica usufruì al massimo di questo
clima di eccitato progresso, e se si confronta la situazione della
disciplina all'inizio e al termine del secolo si possono constatare
i forti cambiamenti avvenuti, sia a livello professionale sia a
livello epistemologico.
Per i primi decenni del secolo la chimica rimase una disciplina
sperimentale facile e casuale. Era 'facile' nel senso che non richiedeva
attrezzature e reagenti di difficile reperimento, e neanche manualità
particolarissime. Era 'casuale' nel senso che la ricerca in campo
chimico - come in altri settori scientifici - era ancora così
poco specializzata da poter essere intrapresa da avvocati come Avogadro,
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farmacisti come Malaguti, medici come
Piria, e persino da ricercatori senza alcun titolo accademico come
Cannizzaro, che coinvolto ancora studente nei moti del '48 mai si
laureò.
Alla fine del secolo alla professione chimica si accede
solo dopo un lungo tirocinio universitario specializzato, e la sua
pratica richiede laboratori attrezzati, finanziamenti, accesso a riviste
internazionali. È proprio per via di questa necessità
di un addestramento tendenzialmente di eccellenza che si vennero formando
le 'scuole nazionali', in particolare in Germania e in Francia. Nel
primo caso si ebbe una struttura policentrica, con Liebig, Wöhler
e Bunsen come riconosciuti maestri; nel secondo caso, tutta la Francia
doveva gravitare a Parigi, dominata con una vera successione apostolica
prima da Gay-Lussac, poi da Dumas e infine da Berthelot. Un modello
ancora diverso era dato dal Regno Unito, dove il rapporto fra ricerca
e società solo parzialmente passava attraverso le Università,
e anche professionisti come Crookes poterono dare un buon contributo
alla scienza. |