La chimica, sin dalle sue origini, si è
sempre caricata di forti valori, perché le sue ricadute sull'uomo
si sono dimostrate di vitale importanza. A differenza di altre scienze,
le applicazioni hanno sempre accompagnato la ricerca teorica di base,
che si è spesso trovata coinvolta in dilemmi di estrema gravità.
La storia delle catastrofi che si sono verificate nei grandi impianti
chimici italiani nella seconda metà del secolo XX non è
solo un segno di ciò che può accadere intorno a sistemi
industriali quando non si prestino le dovute attenzioni ai processi
di trasformazione di materiali pericolosi, ma può servire da
monito affinché in un settore così importante per lo
sviluppo economico e sociale siano sempre tenuti in primo piano il
rispetto per l'ambiente e la sicurezza per chi lavora. |
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Già nel Settecento, quando ancora
nel nostro Paese non era scoppiata la rivoluzione industriale, le
cronache, e la letteratura scientifica, raccontano di esplosioni e
di disastri legati alla difficile gestione dei sistemi chimici. In
Piemonte il 14 dicembre 1785 in un magazzino di farina avvenne una
violentissima esplosione. Il conte Morozzo, della Accademia delle
Scienze di Torino, redasse una "Rélation" che ebbe
riscontri e traduzioni in tutta europa, arrivando sino alla Royal
Society di Londra. In essa il Morozzo stabilì che la catastrofe
era avvenuta a causa allo scoppio della miscela aria-farina che aveva
raggiunto per un caso fortuito le proporzioni stechiometriche, sì
da diventare una potentissima miscela esplosiva. Un disastro assai
simile a questo si è verificato nell'estate del 1998 in
Francia. |