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Sezione 16: IL NOSTRO E L'ALTRUI MESTIERE
La letteratura e la chimica
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Italo Svevo |
Reminiscenze chimiche |
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"Il Paoli analizzò la mia orina in mia presenza. Il
miscuglio si colorí in nero e il Paoli si fece pensieroso.
Ecco finalmente una vera analisi e non piú una psico analisi.
Mi ricordai con simpatia e commozione del mio passato lontano di
chimico e di analisi vere: io, un tubetto e un reagente! L'altro,
l'analizzato, dorme finché il reagente imperiosamente non
lo desti. La resistenza nel tubetto non c'è o cede alla minima
elevazione della temperatura e la simulazione manca del tutto. In
quel tubetto non avveniva nulla che potesse ricordare il mio comportamento
quando per far piacere al dottor S. inventavo nuovi particolari
della mia infanzia che dovevano confermare la diagnosi di Sofocle.
Qui, invece, tutto era verità. La cosa da analizzarsi era
imprigionata nel provino e, sempre uguale a se stessa, aspettava
il reagente. Quand'esso arrivava essa diceva sempre la stessa parola.
Nella psico analisi non si ripetono mai né le stesse immagini
né le stesse parole. Bisognerebbe chiamarla altrimenti. Chiamiamola
l'avventura psichica. Proprio cosí: quando s'inizia una simile
analisi è come se ci si recasse in un bosco non sapendo se
c'imbatteremo in un brigante o in un amico. E non lo si sa neppure
quando l'avventura è passata.
In questo la psico-analisi ricorda lo spiritismo.
Ma il Paoli non credeva che si trattasse di zucchero. Voleva rivedermi
il giorno appresso dopo di aver analizzato quel liquido per polarizzazione.
Io, intanto, me ne andai glorioso, carico di diabete. Fui in procinto
di andare dal dottor S. a domandargli com'egli avrebbe ora analizzato
nel mio seno le cause di tale malattia per annullarle. Ma di quell'individuo
ne avevo avuto abbastanza e non volevo rivederlo neppure per deriderlo.
Devo confessare che il diabete fu per me una grande dolcezza. Ne
parlai ad Augusta ch'ebbe subito le lacrime agli occhi:
- Hai parlato tanto di malattie in tutta la tua vita, che dovevi
pur finire coll'averne una! - disse; poi cercò di consolarmi.
Io amavo la mia malattia. Ricordai con simpatia il povero Copler
che preferiva la malattia reale all'immaginaria. Ero oramai d'accordo
con lui. La malattia reale era tanto semplice: bastava lasciarla
fare. Infatti, quando lessi in un libro di medicina la descrizione
della mia dolce malattia, vi scopersi come un programma di vita
(non di morte!) nei varii suoi stadii. Addio propositi: finalmente
ne ero libero. Tutto avrebbe seguito la sua via senz'alcun mio intervento.
Scopersi anche che la mia malattia era sempre o quasi sempre molto
dolce. Il malato mangia e beve molto e di grandi sofferenze non
ci sono se si bada di evitare i bubboni. Poi si muore in un dolcissimo
coma.
Poco dopo il Paoli mi chiamò al telefono. Mi comunicò
che non v'era traccia di zucchero. Andai da lui il giorno appresso
e mi prescrisse una dieta che non seguii che per pochi giorni e
un intruglio che descrisse in una ricetta illeggibile e che mi fece
bene per un mese intero.
- Il diabete le ha fatto molta paura? - mi domandò sorridendo.
Protestai, ma non gli dissi che ora che il diabete m'aveva abbandonato
mi sentivo molto solo. Non m'avrebbe creduto.
In quel torno di tempo mi capitò in mano la celebre opera
del dottor Beard sulla nevrastenia. Seguii il suo consiglio e cambiai
di medicina ogni otto giorni con le sue ricette che copiai con scrittura
chiara. Per alcuni mesi la cura mi parve buona. Neppure il Copler
aveva avuto in vita sua tale abbondante consolazione di medicinali
come io allora.
[...]
Con grande orgoglio ricordo che il mio primo acquisto fu addirittura
apparentemente una sciocchezza e inteso unicamente a realizzare
subito la mia nuova idea: una partita non grande d'incenso.
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Il venditore mi vantava la possibilità
d'impiegare l'incenso quale un surrogato della resina che già
cominciava a mancare, ma io quale chimico sapevo con piena certezza
che l'incenso mai piú avrebbe potuto sostituire la resina di
cui era differente toto genere. Secondo la mia idea il mondo sarebbe
arrivato ad una miseria tale da dover accettare l'incenso quale un
surrogato della resina. E comperai! Pochi giorni or sono ne vendetti
una piccola parte e ne ricavai l'importo che m'era occorso per appropriarmi
della partita intera. Nel momento in cui incassai quei denari mi si
allargò il petto al sentimento della mia forza e della mia
salute.
(La coscienza di Zeno, cap.8, Psico-analisi) |
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La chimica |
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"Oggi, 2 febbraio 1886, passo dagli studi di legge a quelli
di chimica. Ultima sigaretta!"
(La coscienza di Zeno, cap.3, Il fumo)
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Decomporre e distruggere |
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"Non occorre mica essere un chimico per saper distruggere
questo nostro organismo che è anche troppo sensibile"
(La coscienza di Zeno, cap. 7, Un'associazione)
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