a1 a2 a3
a4

 

    SELMI, Francesco
   

(1817-1881). Nel 1848 Selmi era professore al liceo di Reggio Emila; "malato" della carta stampata, fondò e diresse il Giornale di Reggio, sulle cui colonne sostenne l'unione dei Ducati con il Piemonte. Dopo un'intensa attività rivoluzionaria fuggì in esilio a Torino lo stesso giorno della sconfitta di Custoza. Con un decreto del novembre 1848 Selmi fu nominato professore di fisica, chimica e meccanica al Collegio Nazionale di Torino, e nel 1854 diventò professore all'Istituto di Commercio e di Industria. Dalla capitale subalpina mantenne intensi contatti con i cospiratori nei Ducati, così che con una lettera del 2 maggio 1859 La Farina, il segretario della Società Nazionale, lo "spedì" al di là del fronte: "Il Sign. Prof. Francesco Selmi ed i suoi compagni si recheranno a Parma, per entrare, potendo nel ducato di Modena [...] Il Prof. Selmi è autorizzato a promuovere l'insurrezione ovunque si potrà appena scoppierà la guerra". Durante la dittatura di Farini, Selmi è nominato prima rettore dell'Università di Modena, poi Ministro della Pubblica Istruzione. Compiuta l'annessione Selmi tornò a Torino, e trovò impiego presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Selmi ottenne una cattedra solo nel 1867, quando divenne ordinario di chimica farmaceutica e tossicologica a Bologna.

    SOBRERO, Ascanio
  Appartiene all'esigua schiera di chimici che hanno fatto onore all'Italia nella prima metà dell'Ottocento. Fino ad allora erano apprezzate solo le scoperte e l'opera del fisico Avogadro, di Malaguti (che viveva in Francia, rifugiato politico), di Piria e di Solmi. Nacque a Casale nel 1812 e si laureò in medicina a Torino. Si appassionò molto agli insegnamenti di Giovanni Giobert, in ciò sollecitato dallo zio, barone generale Carlo Sobrero, il quale era già stato a Stoccolma, presso lo studio del chimico Berzelius. Così Sobrero si avvicinò con entusiasmo alla chimica; ma riconoscendo che a Torino l'ambiente di ricerca era alquanto dimesso, all'età di 28 anni si recò a Parigi nel laboratorio di Pelouze ( 1840 ) e poi in Germania, a Giessen, nel laboratorio di Liebig (1843). Nel laboratorio parigino si studiava da molto tempo il comportamento dell'acido nitrico sui diversi corpi organici; a questo si interessò il Sobrero. Ritornato in Italia frequentò il laboratorio chimico dell'Arsenale di Torino. Nel 1846 trattando la mannite (che si estrae dalla manna fornita dal "fraxinus", dallo zucchero fermentato e dall'inulina che contengono i tuberi della dalia) scoprì la nitromannite, un nuovo esplosivo detonatore, preferibile al fulminato di mercurio, pericoloso da fabbricare, da conservare e da manipolare. In quell'anno scoprì analoghe proprietà nello zucchero di canna nitrico o saccarosio fulminante (materia che nel 1874 Nobel chiamò anche "Vixorite"). Nel 1847 scoprì il più potente di tutti gli esplosivi, la piroglicerina e poi la nitroglicerina.
Non si deve credere che Sobrero pensasse solo ad un prodotto esplosivo a vantaggio della guerra: egli riteneva che queste materie che andava man mano scoprendo, sarebbero servite all'industria ed alla tecnica in generale, per scavare gallerie, aprire canali, demolire ostacoli che diversamente non avrebbero potuto essere rimossi.
Già nel febbraio 1847, in una memoria all'Accademia delle Scienze di Torino, presentò un campione di nitroglicerina relativamente consistente (pesante 300 grammi) già conservata ad Avigliana. Fece notare comunque la difficoltà di uso di tale prodotto: aveva già fatto l'esperimento di battere piccole gocce di nitroglicerina col martello sull'incudine rilevando la grande energia esplodente. Aveva anche scoperto la sua azione sull'economia animale e s'avvide che era venefica. Tuttavia egli che era un medico studiò su se stesso, oltre che sugli animali, l'azione della nitroglicerina, e la trovò molto utile nella cura dell'angina pectoris e dell'emicrania. Usata in soluzione alcolica, in piccole dosi di 0,5 o 1 milligrammo, dopo 2 minuti sviluppa un'azione dilatante dei vasi che fa cessare il crampo delle due malattie.
Sobrero fece quindi importanti esperimenti scoprendo certe proprietà del guajacolo (molto usato ora in farmacia come espettorante e per la cura delle malattie polmonari) e del tetracloruro di piombo. Altri esperimenti condusse sullo zolfo colloidale, sull'olivile, e su una materia dalla formula C10 H18 O2 che il noto chimico inglese Harmstrong chiamò successivamente "Sobrerolo" in onore dello scopritore.
Fu Alfred Nobel, sotto l'indicazione del padre Emanuel fabbricante d'armi che, trattando la nitroglicerina di Sobrero nel 1866, per caso trovò il modo di imbrigliarne il potere esplosivo, miscelandola con polvere inerte, creando così la "dinamite" (dal greco "Dunamis" = forza), e da questa la balistite, esplosivo quattro volte più potente della vecchia polvere nera.
Ascanio Sobrero non volle mai ammettere di aver inventato terribili mezzi di distruzione e, prima della sua morte avvenuta a Torino nel 1882, volle ancora puntualizzare "che non è il mezzo usato dall'uomo al servizio della sua cattiveria da Caino in poi" che andava condannato, ma la cattiveria stessa dell'animo umano.
Sobrero a Casale aveva parenti, e una sua nipote sposò lo statista Giovanni Giolitti.
ascanio.htm
    SOFFICI, Ardengo (Amedeo Maria)
   

(Rignano sull'Arno 1879 - Forte dei Marmi 1964)
Al 1898 risalgono i primi disegni datati, dove è evidente l'infuenza dei macchiaioli. Nel 1879, anno in cui muore il padre, fonda la rivista "La Fiamma", periodico di letteratura e arte, di cui cura l'impaginazione. In questo periodo scrive e dipinge paesaggi, iniziando le prime collaborazioni come illustratore per riviste e libri. E' attratto dalla pittura di Boecklin e dal Preraffaellismo e si iscrive all'Istituto di Belle Arti di Firenze. Nel 1900 si reca a Parigi dove rimane fino al 1903. Rientrato in Italia conosce poco dopo Giovanni Papini a Firenze e collabora al Leonardo. Soggiorna spesso a Parigi, dove frequenta artisti quali Apollinaire, Picasso, Jacob. Nel 1907 fa ritorno in Italia, intensificando l'attività pittorica e continuando anche quella letteraria. Nel 1908 pubblica un importante saggio su Cézanne. Dal 1909 inizia a collaborare a La Voce e torna a Parigi per reperire le opere da esporre alla mostra sull'Impressionismo organizzata da La Voce a Firenze. Nel 1911 pubblica su questa rivista la celebre stroncatura del Futurismo. Nel 1913 esce la rivista Lacerba, fondata da lui e da Papini e divenuta poco dopo l'organo futurista fiorentino. Nel 1915 inizia l'allontanamento dal Futurismo milanese e Lacerba cessa le pubblicazioni. Si arruola volontario all'entrata in guerra dell'Italia. Al termine della guerra Soffici inizia quel recupero della grande tradizione pittorica italiana che lo farà diventare uno dei massimi portavoce del ritorno all'ordine. Nel 1920 fonda la rivista "Rete Mediterranea" e collabora con "Valori Plastici". Nel corso degli anni Venti s'intensifica l'attività pubblicistica. Negli anni Trenta espone in numerose mostre collettive e personali. Nel 1944 viene arrestato per collaborazionismo. Terminata la guerra riprende l'attività pittorica, letteraria ed espositiva. Nel 1955 pubblica l'ultimo volume di Autoritratto d'artista, ottenendo il premio Marzotto per la narrativa. Dal '59 al '63 cura l'edizione delle sue Opere.

    SVEVO, Italo
  Ettore Schmitz nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 da Francesco Schmitz (1828-1892), proprietario di una piccola vetreria e agito commerciante, ebreo assimilato, e da Allegra Moravia, anche lei di origini ebree, quinto di otto figli. A dodici anni, Ettore deve partire per il collegio tedesco di Segnitz, presso Würtzburg, dove resta per cinque anni, insieme ai fratelli Adolfo ed Elio, per iniziarvi gli studi commerciali ed apprendere correttamente il tedesco, lingua indispensabile per ogni commerciante triestino.
A diciassette anni, nel 1878, lascia definitivamente la Germania e torna a Trieste, dove dove viene iscritto all'Istituto Superiore di Commercio "Pasquale Revoltella".
Per l'improvviso tracollo dell'azienda vetraria del padre, la cui attività subisce un vero e proprio disastro economico, Ettore deve cercarsi un lavoro e lo trova presso la sede triestina della Banca Union di Vienna, nella quale comincia a lavorare il 27 settembre 1880.
Nel 1880 comincia la sua produzione letteraria; scrive alcuni abbozzi di commedie. Nel 1886 perde il fratello prediletto, Elio. Nel 1890 appare su "L'Indipendente" la novella Una lotta e, a puntate dal 4 al 13 ottobre, il lungo racconto L'assassinio di via Belpoggio.
Il primo aprile 1892 muore il padre. Nello stesso anno, lo scrittore pubblica, presso l'editore Vram di Trieste, il suo primo romanzo Una vita, con lo pseudonimo di Italo Svevo.
Nell'ottobre 1895 muore la madre, mentre l'affettuosa amicizia con Livia Veneziani è diventata nel frattempo un grande amore, per cui il 20 dicembre viene festeggiato il loro fidanzamento, che sarà coronato dal matrimonio celebrato con rito cattolico il 30 luglio 1896 e segna una svolta nella vita dello scrittore.
Nel settembre 1897 nasce la figlia Letizia e due anni dopo, lasciando la Banca Union, entra a far parte come impiegato dell'azienda del suocero, la Moravia Veneziani, migliorando la propria condizione economica.
Dopo una gestazione abbastanza lunga (aveva cominciato a scriverlo sul finire del 1892), dal 15 giugno al 16 settembre 1898 appare a puntate su "L'Indipendente" il suo secondo romanzo, Senilità.
Nel 1901 iniziano i suoi viaggi d'affari in Europa (Francia e Inghilterra) e due anni dopo pubblica Un marito, la sua prima commedia di grande impegno. Intanto nel 1904 muore l'amico pittore Umberto Veruda, modello del tormentato personaggio di Balli di Senilità. Poiché a causa dei suoi viaggi è costretto a imparare l'inglese, nel 1906 a Trieste conosce James Joyce, giunto a Trieste nel 1903. Nel 1915, l'Italia entra in guerra e Joyce è costretto a lasciare Trieste per Zurigo, ma i due scrittori si terranno sempre in contatto epistolare. I suoceri di Svevo si trasferiscono in Inghilterra e la fabbrica di vernici viene chiusa.
Nel 1922 inizia a tradurre L'interpretazione dei sogni di Freud e lavora attorno ad un progetto di pace universale. Aveva iniziato in quegli anni La coscienza di Zeno. Dopo aver rivisto Joyce a Parigi, e consegnatogli alcuni preziosi appunti che lo scrittore irlandese aveva lasciato a Trieste nella fretta della partenza per la Svizzera, Svevo lavora intensamente alla stesura definitiva del romanzo, che esce presso l'editore Cappelli, il primo maggio 1923.
Nel 1924 spedisce il testo a Joyce, che gli risponde con una lettera piena di lodi, consigliandolo di mandarlo ai suoi amici letterati e critici francesi, quali V.Larbaud e B.Cremieux. L'esito è positivo. Nella primavera del '25, Svevo incontra a Parigi i suoi estimatori e si lega di amicizia confidenziale soprattutto con la signora Cremieux, che gli parla di Proust, autore a lui sconosciuto. Bazlett fa conoscere a Eugenio Montale i romanzi di Svevo: nel numero IV, novembre - dicembre 1925, della rivista "L'esame", il poeta pubblica il primo dei suoi scritti critici sveviani. Nel 1926 escono su "Le navire d'argent" larghi estratti delle sue opere. L'evento trascina l'interesse della critica italiana e francese. Svevo scrive La madre, Una burla riuscita, Vino generoso, La novella del buon vecchio e della bella fanciulla. Nel 1927 appare l'edizione francese de La coscienza di Zeno nella traduzione di Paul-Henry Michel e nell'aprile dello stesso anno va in scena al Teatro degli indipendenti di Roma il suo atto unico Terzetto spezzato. Nel 1928, Svevo, che, nel frattempo, si era profondamente appassionato all'opera di Kafka, incomincia il suo quarto romanzo, Il vecchione che purtroppo resterà incompiuto: l'11 settembre lo scrittore, la cui fama ha raggiunto ormai dimensioni europee, tornando insieme alla moglie e a un nipotino da Bormio a Trieste si schianta con la macchina contro un albero: muore il 13 settembre, all'ospedale di Motta di Livenza.

 

        home        
               
               
indietro - index - visita - chrono - avanti
indietro   index biografie chrono   avanti
 
a5
a5
a5
a5
a5
fullerene fullerene