I Selvaggi dell'America Settentrionale, per preparare quelle di
cui ne fann'uso, cominciano dal farle macerare nell'acqua per assai
lungo tempo; in seguito le raschiano e le rendono pieghevoli a forza
di maneggiarle; per immorbidirle le fregano col cervello di capriolo,
e per dar corpo alle medesime, e far sì che non si ritirino
trovandosi esposte alla pioggia, le stagionano, esponendole durante
un certo tempo al fumo.
Gli abitanti dell'Islanda in luogo di grasso o di cervello di capriolo
si servono dei fegati de' pesci assai oleosi.
I Groelandesi che sono i popoli più rozzi e più selvaggj
danno le prime preparazioni alle pelli coll'urina; indi col grasso,
e finalmente le rendono pieghevoli battendole fortemente colle pietre.
Il meglio inteso fra tutti siffatti preparamenti, è, senza
contraddizione, quello di cui fann'uso i selvaggj dell'America Settentrionale;
mentre i cuoj preparati col loro metodo non solamente s'impiegano
a fare scarpe, ma altresì stivaletti, ed anche braghe. La
vallonia, ch'è la materia principale di cui si servono i
nostri Cuojaj, e che ha dato il suo nome all'arte della Scorzeria
o come dicesi in altri luoghi d'Italia all'arte de' Pellacani,
è la corteccia della giovane Quercia, ridotta in polvere
col mezzo del mulino da Vallonia. Questo mulino non differisce punto,
riguardo alla costruzione dal Mulino da follo, la scorza di quercia
vi viene polverizzata in piccoli albj o mortaj, col mezzo di piloni,
o di magli di legno, armati di ferro, che vengono messi in moto
dall'acqua o da un cavallo. La vallonia è stitica ed astringente,
e proprissima in conseguenza ad accrescere la forza delle fibre
del cuojo, riunendole, increspandole e restringendole. Ma innanzi
di applicarla su le pelli, ricevon elleno delle altre preparazioni,
le quali andremo descrivendo immediatamente.
E' cosa rara, che si possano lavorare le pelli subito dopo che sono
state spogliate. Per preservarle dalla corruzione conviene salarle.
E' un ottimo regolamento quello che si costuma in Francia; il quale
prescrive a Cuojaj di mischiare otto libbre di allume macinato per
ogni mina di sale, ed anche una certa quantità di cenere,
onde impedire, che il detto sale possa essere impiegato negli alimenti.
Aggiungasi ancora, che l'allume non è inutile nella preparazione
de' Cuoj; ma che anzi è attivissimo a renderli consistenti
mercè la sua grande stiticità. Dopo che le pelli sono
state salate si piegano, e si mettono in pile in numero di tre o
quattro pel corso di tre o quattro giorni, e quindi fannosi seccare
per impiegarle per il bisogno.
La prima preparazione che si dà alle pelli consiste à
gittarle in un'acqua corrente dopo di aver levato alle medesime
le corna, le orecchie e la coda. Più le pelli sono secche,
più deggian elleno restar lungo tempo nell'acqua; ma si ritirano
una volta ogni giorno per istirarle sul cavalletto, finchè
sieno ben rammollite. Riguardo alle pelli fresche basta di ben lavarle,
per ripullirle dal sangue e dalle altre impurità che possono
essere aderenti alle medesime. Si lasciano a molle le une e le altre,
sinchè sieno imbevute d'acqua. La seconda operazione, che
il Cuojaio fa su i cuoj è di metterli nei piani, cominciando
primieramente da un piano morto, per disporli ad essere pelati,
o scortecciati.
Un piano è in generale una spezie di gran tina profonda,
di legno o di pietra, immessa in terra, e riempita d'acqua, in cui
si abbia fatto estinguere della calce viva.
Chiamasi piano nuovo quello che non ha ancora servito, piano
debole, quello che conserva ancora una certa forza; e piano
morto quello che ripieno di una vecchia acqua di calce, che
abbia esalato tutto il suo fuoco. In un piano di quest'ultima spezie
si cacciano le pelli in primo luogo, e dopo ch'elleno vi sono rimaste
pel tratto di otto giorni, si tirano fuori per lasciarle in pile,
le une sopra le altre, durante otto giorni, sugli orli del piano
il che dicesi mettere in ritiro.
In capo ad un tal tempo si ripongono nel medesimo piano, e così
alternativamente d'otto giorni per lo spazio di due mesi.
Allorchè strappando alcuni peli colla mano, s'intenda stridere
la pelle, senza provare una resistenza troppo grande, ell'è
codesta una prova, che i Cuoj si trovano in istato di essere spelati.
Tale spelamento si fa sul cavalletto, o col coltello rotondo, che
non taglia né di costa né di punta, o più meglio
con una pietra da aguzzare, i di cui angoli spiantano benissimo
il pelo, senz'arrischiare di recar pregiudizio alla pelle.
Dopo che le pelli sono state pelate rinettate, portano il nome di
cuoj in trippa. I cuoj in trippa si gettano in un piano debole,
e vi restano duranti quattro mesi, mettendoli in ritiro d'otto in
otto giorni. In capo ad un tal tempo si mettono in un piano nuovo,
durante lo stesso spazio di tempo; ma sempre ponendoli in ritiro
ogni otto giorni; ed osservasi la medesima cosa per il quarto piano
che loro dessi, talmente che per tutto il corso del lavoro dei piani,
i cuoj stanno tanto tempo in ritiro, quanto ne dimorano nei medesimi.
Il quarto piano ed ultimo testé indicato è pur anche
un piano nuovo; ma i cuoj rimangono in esso solamente due mesi,
locché forma in conseguenza un anno in tutto per il lavoro
dei piani. Per fare un piano nuovo inserviente a ottanta cuoj di
bue o di vacca, s'impiegano circa 17. piedi cubi di calce viva.
I Cuoj, che sono rimasti pel corso d'un anno nei piani, hanno acquistata
tutta la mollezza, che loro è necessaria; ma innanzi di metterli
nella vallonia bisogna ancora lavorarli al fiume, il che consiste
a scarnarli, ed a raschiarli fortemente sul cavalletto, tanto dalla
banda della carne, come dal lato del fiore o del pelo per quattro
o cinque volte diverse, rinettando i Cuoj stessi ogni volta in un'acqua
corrente. Scarnare i cuoj egli è lo stesso che levare
la carne, e tutte le altre parti straniere col mezzo di un coltello
tagliente da due impugnature, simili alle piale di cui si servono
i Carraj.
Raschiare egli è lo stesso che levare e spremere tutta
la calce, che possa essere restata nel cuojo per la qual operazione
si fa uso del coltello rotondo. La gran quantità di calce,
che s'impiega nei piani, ed il lungo tempo che soggiornano nei medesimi,
hanno fatto pensare a M. de La Lande, il quale ha pubblicato
un eccellente descrizione di quest'arte, che il detto metodo, avvengaché
il più usitato, non è però il migliore, mentre
egli abbrucia ed altera il cuojo. L'oggetto che proponesi nell'operazione
della calce, è di aprire e dilatare le fibre del cuojo, per
prepararlo a ricevere la vallonia; ma si può ottenere il
medesimo effetto per via di altri metodi, che non hanno gli stessi
inconvenienti, e che sono più solleciti eziandio.
Noi recheremo qui un'idea di siffatte differenti preparazioni.
I cuoj ad orzo sono quelli, per il lavoro de' quali si fa
inacidire della pasta di farina d'orzo, che si stempera poscia in
una sufficiente quantità d'acqua, e in cui si fanno fermentare
i cuoj;
In siffatto metodo si nomina passata ciò che dicesi
piano in que' della calce, ed hannovi tre passate, la morta,
la debole, e la nuova. Dopo che le pelli sono state
sufficientemente ammollite, si tuffano in una passata morta, finchè
da essa si stacchi il loro pelo e che si possano spelarle sul cavalletto:
s'immergon poscia nell'acqua chiara pel tratto di dodici o ventiquattr'ore,
secondo il bisogno ch'esse abbino, e finalmente si mettono in una
passata debole, ove si dimenano una volta al giorno, finchè
paja, ch'esse abbiano preso corpo. Si lavorano al fiume, e finalmente
loro dessi una passata nuova., composta di 120 o 130 libbre per
otto cuoj, il lievito si fa il giorno innanzi con 30 libbre di quella
stessa farina, ed una caldaja d'acqua calda.
Basta un mese per condurre con siffatto metodo i cuoj al grado di
convenevole preparazione; ma in inverno si mettono in ogni passata
cinque o sei secchie d'acqua calda, onde accelerare la fermentazione.
Dopo le tre dette passate, che diconsi passate bianche, di
dà la passata rossa, la quale è composta d'acqua
chiara con due o tre pugni di vallonia fra ogni cuojo; in capo a
tre o quattro giorni si dà agli stessi la medesima quantità
di vallonia nella medesima passata, e tre altri giorni dopo si trovan
eglino in istato di essere distesi nella fossa, senza rischio di
raccorciarsi.
In tutte queste passate, nonché nelle altre, di cui parleremo
più oltre, si ha sempre l'attenzione di ritirare le pelli
di tempo in tempo per riporle all'aria, siccome abbiam detto, parlando
dei piani.
Si chiamano cuoj di Vallachia o ad uso di Vallachia,
que' che sono stati preparati in una passata d'orzo ben caldo, durante
lo spazio di circa trent'ore, e che dipoi abbiano ricevuto, innanzi
di esser messi in fossa, una passata rossa, fatta colla scorza di
quercia sminuzzata in pezzuoli grossi come un dito.
Tal metodo è ancora più sbrigativo del precedente,
ma richiede grandi attenzioni, onde impedire, che il cuojo non rimanga
abbruciato dalla fermentazione, ajutata da un violento calore.
Si possono fare altresì delle passate calde o fredde con
lavatura di birra, o con acqua di semola macinata, la quale produce
lo stesso effetto delle passate d'orzo, ed anche più facilmente
mentre non ci vogliono più d'otto libbre di semola per ogni
cuojo, in luogo di venti libbre d'orzo, che s'impiegano per li cuoj
alla maniera di Vallachia.
Del rimanente si avverte, che le passate fredde sono sempre molto
più lunghe, stann'elleno non di rado due mesi per operare
l'effetto, il quale dalla passata calda viene prodotto in tre giorni,
aiutato da un calor tale, che il braccio possa resistere in esso
senza pena.
I cuoj ad uso di Transilvanea non differiscono da que' di
Vallachia se non in ciò, che in luogo d'orzo s'impiegano
18. libbre di segala per ogni cuojo nella passata: gli effetti ne
sono i medesimi; ma alcuni pretendono, che le passate in segala
diano al cuojo un po' più di sodezza e di fermezza di quella
che ad esso reca le passate ad orzo.
Nel Dizionario portatile delle Arti e de' Mestieri stampato per
la prima volta a Parigi, v'ha scritto, che i cuoj di Liege o
di Namur sono quelli, le cui passate non sono composte che d'acque
sicure o che si fanno col sugo di Vallonia o colla Vallonia vecchia,
nella quale abbiano soggiornato i cuoj durante l'operazione della
Vallonia medesima. Siffatti cuoj vengono pure anche nominati dai
Francesi Cuirs a la jusèe; denominazione, la quale, siccome
osserva M. de La Lande, loro verisilmente è derivato
dal sugo di Vallonia, in cui si preparano innanzi di metterli in
fossa. Aggiungesi nello stesso Dizionario, che nella Scorzeria di
S. Germano in Laie, si fanno passare primieramente in passate deboli,
ma graduate, vale a dire dalle meno alle più robuste, che
si chiamano passate correnti.
I Cuoj ordinariamente pel tratto di ventiquattr'ore in caduna di
queste passate, e ne percorrono così dieci o un maggior numero,
se la stagione, o la qualità dei cuoj lo richiede. Dopo di
ciò loro dannosi successivamente due passate d'un sugo di
vallonia più robusto e più acido, e di cui eziandio
si accresce l'attività, mettendo in esso una certa quantità
di scorza grossa, cioè di vallonia grossamente sminuzzata.
Queste ultime passate si chiamano passate di riposo, attesoché
in caduna delle medesime riposano pel corso di dieci giorni.
Di tutte tali differenti preparazioni, quelle de'cuoj a sugo essendo
più speditiva, e non avendo l'inconveniente di distruggere
dei grani utili, come l'orzo e la segala, oltre ch'è la men
costosa, e che può con una materia analoga all'invalonatura,
sembra in conseguenza la più vantaggiosa: nonostante, siccome
abbiamo detto, non è ancora la più usitata. Chechè
siane, i cuoj dopo di aver ricevuto, mediante l'una o l'altra delle
indicate preparazioni, il gonfiamento necessario, e dopo di essere
stati pelati, scarnati, lavorati al fiume, e ripassati, deggion
essere distesi in fossa colla vallonia, la quale è destinata
a renderli consistenti, a terminare di disgregarli, e a dare ai
medesimi la necessaria incorruttibilità.
Le fosse sono certe cavità praticate in terra, e rivestite
di legno o di mattoni, cementati in forma quadrata o rotonda; ma
quest'ultima è oggidì la più in uso, e la maggior
parte delle fosse in siffatto modo va costruita. Innanzi di distendere
i cuoj nelle fosse si comincia dell'impolverarli con vallonia, e
si mettono in pila per tre o quattro ore acciò comincino
a prendere il fuoco di cotesta corteccia; indi si mette nel fondo
della fossa un buon piede di vallonia vecchia, vale a dire della
scorza, che già servì nella fossa stessa.
Sopra siffatta vallonia vecchia si distende la grossezza di un pollice
di scorza nuova ben macinata, ed alcun poco umettata; sopra questa
polvere si distende un cuojo, e sopra di questo un altro strato
di vallonia, e così di seguito.
Le estremità dei cuoj, che formino delle borse o delle piegature,
debbon essere tagliate, acciocchè possano distendersi bene,
si mette della scorza fra tutte le parti d'ogni cuojo, e quando
convenga raddoppiarne alcuni siti, si pone ancora della scorza nella
duplicatura: se ne sparge un po' su le parti più grosse,
come su le ganasce, e su la fronte; mentre i siti più sottili,
quai sono le gambe, e la culata, non n'esigono che la grossezza
d'un dito.
Quando tutt'i cuoj siano adattati in tal modo nella fossa, si mette,
al di sopra della scorza nuova che copre l'ultimo cuojo, uno o due
piedi di Vallonia vechia.
Codesta la si folla coi piedi, e tal operazione dicesi far un cappello.
Al di sopra di siffatto cappello si pongono delle tavole, e si caricano
di pietre per meglio applicare la scorza su i cuoj.
La fossa essendo in tale stato, la s'imbeve d'acqua chiara, e si
ha l'attenzione dipoi di esaminarla di tempo in tempo, onde vedere
se per avventura fosse asciutta, e se abbia bisogno di essere abbeverata
nuovamente. Il cuojo resta tre mesi in cotesta prima polvere,
e in cotesta prima scorza, la quale dev'essere fine, affinchè
non rigonfi il cuojo medesimo, né gli dia delle piegature
false.
La seconda scorza si dà come la prima, ma meno fina; essa
dura quattro mesi e in capo a tal tempo il cuojo è acconciato
fin al cuore, vale a dire fino nell'interiore. Per la terza
scorza s'impiega della vallonia più grossolana, che per
la seconda, ed in essa si lascia il cuojo lo spazio di cinque mesi;
sicchè tutta siffatta operazione dell'acconciatura si termina
nel corso d'un anno.
Tal è almeno il metodo de' Cuojaj Francesi; ma molti pretendono,
che i cuoj d'Inghilterra restino nella scorza assai più lungo
tempo e che a tal lunga acconciatura è dovuta la qualità
superiore di cotesti cuoj.
M. de La Lande si è assicurato in tempo del suo soggiorno
a Londra, che l'operazione dell'acconciatura de' cuoj non è
d'ordinario più lunga che in Francia, ed è inclinato
a credere, che l'eccellente qualità de' cuoj d'Inghilterra
derivi dall'essere impiegata nella loro preparazione della scorza
assai fina, e dall'attenzione che hassi di tener sempre le fosse
piene d'acqua.
Questo liquido, egli dice, che tiene di continuo in dissoluzione
le parti più penetranti e più stitiche della vallonia,
e che abbevera continuamente i cuoj, dee penetrarli più facilmente
e più intimamente della polvere, o del lezzo di scorza, che
sta solamente disteso al di sopra, come praticasi in Francia.
I cuoj che diconsi alla Danese, si acconciano in due o tre
mesi.
Dopo di aver loro date le prime preparazioni da noi indicate, si
cuciscono tutt'all'intorno, riservandone solamente un lato, per
il quale si riempiono di Vallonia e d'acqua, e che si cuce dipoi
come i tre altri lati. Dopo averli battuti fortemente per costringere
la scorza a distribuirsi ugualmente per ogni dove, si mettono in
fosse ripiene di buon'acqua di Vallonia, ove si caricano di tavole
e di pietre, ed ove si ha l'attenzione di rivoltarli due o tre volte
per settimana, battendoli ogni volta.
Questo metodo somministra un cuojo più sottile, e d'un colore
più chiaro di quello acconciato alla maniera ordinaria.
Quando i cuoj siano stati ben acconciati, mediante alcuno dei metodi
da noi esposti, si distendono sopra pertiche entro un granaio corredato
di più finestre, ma al coperto del Sole e del gran vento,
e quando cominciano a divenire più rigidi, si dirizzano,
distendendole sopra un terreno netto, ove dopo di averli fregati
con vallonia asciutta, si battono con la pianta del piede, onde
spianare le inuguaglianze, e dipoi si mettono in pila per il corso
d'un giorno.
All'indomani si distendono sopra le pertiche, e quando si trovino
quasi asciutte, si mettono in soppressa pel corso di ventiquattr'ore
sotto tavole caricate di pietra.
Se per avventura si trovi, che siano un po' molli, oppure increspati
o corrugate, si battono con una mazzocca sopra un zocco di legno
ben unito.
Dopo tutti siffatti preparamenti si mettono i cuoj in un luogo fresco,
ove si ha la diligenza di cangiarli di situazione da un tempo all'altro
pel corso di tre settimana; e finalmente, avvegnachè il cuojo
sia ben asciutto, egli non può che guadagnare, essendo serbato
un certo tempo.
Ci vuole, dice M. de La Lande, almeno un mese di riposo,
affinchè tutte le parti attive della vallonia abbiano terminato
di penetrare e di agire, ed acciocchè non abbiavi alcun movimento
interno, che tender possa alla dissoluzione e ad impedire la durezza
ed il buon uso del cuojo.
Il cuojo ben preparato e ben acconciato, dee avere il nervo serrato,
il taglio lucido, e di un colore simile a quello di una noce moscata,
e finalmente conviene, che il taglio medesimo sia marmorato al di
dentro. Ma per quanto sia buono l'apparecchio che un cuojo avrà
ricevuto, egli sarà ancora d'un assai miglior uso, se innanzi
di impiegarlo, abbiasi l'attenzione di batterlo fortemente con martelli
di ferro o di rame.
Si è osservato esservi una differenza prodigiosa fra la durezza
e la bontà delle suole d'un medesimo cuojo battuto, e quelle
che il Calzolajo non avrà avuto la pazienza di battere.
Nelle scorzerie si chiamano cuoj in opera, i cuoj de' piccoli
buoi, ed i cuoj sottili di vacche, che non possono lavorarsi in
forte, e che si lavorano in cuojo debole.
Eglino li mettono nei piani pel corso della unità del tempo
che vi soggiorna il cuojo forte, e dopo di essere stati ben lavorati
al fiume, si pongono in un'acqua calda di vallonia, nella quale
parecchi uomini dimovendo li vanno continuamente con palle per lo
spazio d'un'ora, andando prima da diritta a sinistra, e poi da sinistra
a diritta.
Tal lavoro si replica parecchie volte, rilevando le pelli ogni giorno,
e mentrechè esse gocciolano si rimette un po' di vallonia
nuova nella detta acqua calda per ridare alla stessa della forza.
Cotesta operazione viene seguita dal rifacimento, il quale
consiste a mettere le pelli a rifarsi in una tina, nella quale c'entra
il doppio di vallonia.
Dopo ch'esse v'hanno soggiornato pel tratto d'un mese o di sei settimane
secondo le stagioni, si distendono nella fossa, ma dannosi alla
medesima solamente due polvei; la prima di tre mesi e la seconda
di cinque o sei settimane.
I cuoi di cavalli si trattano come que' delle vacche; le pelli di
vitelli, di capre, e quelle di montone si lavorano parimenti a proporzione,
ma vi s' impiega meno tempo e minor quantità di materie.
La vallonia vecchia che si ricava dalle fosse, s'impiega a fare
dei cumoli da bruciare; impastandola in un modello di rame.
Un uomo coi piedi nudi comprime la vallonia in cotesto modello,
e la batte per indurirla.
Questo modello ha due manichi, pei quali si prende, onde far cadere
la vallonia, allorchè essa trovasi impastata venendo posta
indi ad asciugare.
Ultimamente è stato scoperto che la segatura di Rovere, di
cui tanto ne abbondano gli Arsenali, è atta al pari della
vallonia ad acconciare i cuoj.
In certe Provincie della Francia spezialmente s'impiegano delle
altre corteccie diverse da quelle di Quercia, nonché delle
piante stitiche ed astringenti.
M. de La Lande ha dato in tal proposito dei dittaglj curiosissimi
nella descrizione da lui pubblicata di quell'Arte.
Sarebbe desiderabile, che i Botanici moltiplicassero maggiormente
le sperienze su le materie vegetabili, ed è supponibile,
che siffatte ricerche farebbero scoprire delle piante adatte a rimpiazzare
forse anche con vantaggio la Scorza di quercione, che diviene rara
in certi paesi.
Nel Dizionario portatile delle Arti da noi già citato, alla
voce Tanneur, sta scritto, che alcuni Cuojaj significarono
a M. Baumè, ch'era stato provato già con molto
successo il Marone d'India, e che la difficoltà di macinarlo
avealo fatto abbandonare; ma riuscirebbesi facilmente cominciando
a polverizzarlo, mentre trovasi verde, e terminando l'operazione
ridotto che fosse secco.
Esso M. Baumè pensa altresì, che potrebbesi
provare con isperanza di riuscire, le acque minerali ferraginose
e, farne anche di artifiziali in tant'abbondanza quanta si giudicasse
a proposito, gittando in pozzi destinati a tal uso, una gran quantità
di ferraglia, e la quantità necessaria di vitriolo di marte.
Il detto Chimico pensa eziandio, che potrebbesi esperimentare in
piccolo con esito la dissoluzione del ferro in differenti proporzioni,
per via dell'acido nitroso, o dell'acido marino.
Coteste dissoluzioni hanno un'estrema astrizione e infinitamente
superiore a quella di tutte le materie vegetabili note.
Se riuscissero l'esperienze fatte in picciolo, si potrebbe trovare
il mezzo di scemare notabilmente il prezzo di siffatte dissoluzioni.
La maggior parte dei cuoj, uscendo dalle mani del Cuojajo, passano
in quelle del Pellajo, il quale dopo d'averli mollificati, follati
e raschiati gl'imbeve di sevo per renderli più morbidi e
più liscj. vedi PELLAJO.
I cuoj in tal guisa preparati vengono messi in opera dai Calzolaj,
dai Valigiaj; dai Sellaj e parecchj altri Artefici di mestieri diversi.
Fine Cuojajo
pag 179-192 (Griselini)
Copiato dall'originale a mano da V. Caniglia
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