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Sezione 05: UN ELEFANTE INCORRUTTIBILE
La chimica conciaria e... l'elefante

Il Cuojajo    
Il Cuojajo è l'Operajo che prepara i cuoj col mezzo della vallonia, e di alcune altre droghe.
La pelle degli animali è stata la più universalmente impiegata ne' primi tempi per il vestito dell'uomo; ma scorsero parecchi secoli prima che s'abbia appreso l'arte di preparare i cuoj, e di renderli più durevoli col mezzo di convenienti preparazioni.
Tutt' i Popoli stettero lungo tempo nella medesima ignoranza, in cui trovansi ancora al presente varie Nazioni, che non sanno né acconciare né scortecciare le pelli; onde per mancanza di preparazione siffatte pelli si rendevano dure e si restringevano, cosicché l'uso ne diveniva tanto incomodo, quanto spiacevole; convenne dunque cercare i mezzi di renderle di un migliore servigio.
I popoli che non hanno per anche quasi alcun uso delle arti vi rappresentano l'immagine dei gradi che l'uomo poté seguire nella scoperta delle preparazioni convenienti alle pelli degli animali.
 

DIZIONARIO

DELLE

ARTI E DE' MESTIERI

Compilato
Da FRANCESCO GRISELINI

Tomo quinto
CER-DRA

in Venezia MDCCLXIX

Appresso Modesto Fenzo

CUOJAJO

     

I Selvaggi dell'America Settentrionale, per preparare quelle di cui ne fann'uso, cominciano dal farle macerare nell'acqua per assai lungo tempo; in seguito le raschiano e le rendono pieghevoli a forza di maneggiarle; per immorbidirle le fregano col cervello di capriolo, e per dar corpo alle medesime, e far sì che non si ritirino trovandosi esposte alla pioggia, le stagionano, esponendole durante un certo tempo al fumo.
Gli abitanti dell'Islanda in luogo di grasso o di cervello di capriolo si servono dei fegati de' pesci assai oleosi.
I Groelandesi che sono i popoli più rozzi e più selvaggj danno le prime preparazioni alle pelli coll'urina; indi col grasso, e finalmente le rendono pieghevoli battendole fortemente colle pietre.
Il meglio inteso fra tutti siffatti preparamenti, è, senza contraddizione, quello di cui fann'uso i selvaggj dell'America Settentrionale; mentre i cuoj preparati col loro metodo non solamente s'impiegano a fare scarpe, ma altresì stivaletti, ed anche braghe. La vallonia, ch'è la materia principale di cui si servono i nostri Cuojaj, e che ha dato il suo nome all'arte della Scorzeria o come dicesi in altri luoghi d'Italia all'arte de' Pellacani, è la corteccia della giovane Quercia, ridotta in polvere col mezzo del mulino da Vallonia. Questo mulino non differisce punto, riguardo alla costruzione dal Mulino da follo, la scorza di quercia vi viene polverizzata in piccoli albj o mortaj, col mezzo di piloni, o di magli di legno, armati di ferro, che vengono messi in moto dall'acqua o da un cavallo. La vallonia è stitica ed astringente, e proprissima in conseguenza ad accrescere la forza delle fibre del cuojo, riunendole, increspandole e restringendole. Ma innanzi di applicarla su le pelli, ricevon elleno delle altre preparazioni, le quali andremo descrivendo immediatamente.
E' cosa rara, che si possano lavorare le pelli subito dopo che sono state spogliate. Per preservarle dalla corruzione conviene salarle. E' un ottimo regolamento quello che si costuma in Francia; il quale prescrive a Cuojaj di mischiare otto libbre di allume macinato per ogni mina di sale, ed anche una certa quantità di cenere, onde impedire, che il detto sale possa essere impiegato negli alimenti.
Aggiungasi ancora, che l'allume non è inutile nella preparazione de' Cuoj; ma che anzi è attivissimo a renderli consistenti mercè la sua grande stiticità. Dopo che le pelli sono state salate si piegano, e si mettono in pile in numero di tre o quattro pel corso di tre o quattro giorni, e quindi fannosi seccare per impiegarle per il bisogno.
La prima preparazione che si dà alle pelli consiste à gittarle in un'acqua corrente dopo di aver levato alle medesime le corna, le orecchie e la coda. Più le pelli sono secche, più deggian elleno restar lungo tempo nell'acqua; ma si ritirano una volta ogni giorno per istirarle sul cavalletto, finchè sieno ben rammollite. Riguardo alle pelli fresche basta di ben lavarle, per ripullirle dal sangue e dalle altre impurità che possono essere aderenti alle medesime. Si lasciano a molle le une e le altre, sinchè sieno imbevute d'acqua. La seconda operazione, che il Cuojaio fa su i cuoj è di metterli nei piani, cominciando primieramente da un piano morto, per disporli ad essere pelati, o scortecciati.
Un piano è in generale una spezie di gran tina profonda, di legno o di pietra, immessa in terra, e riempita d'acqua, in cui si abbia fatto estinguere della calce viva.
Chiamasi piano nuovo quello che non ha ancora servito, piano debole, quello che conserva ancora una certa forza; e piano morto quello che ripieno di una vecchia acqua di calce, che abbia esalato tutto il suo fuoco. In un piano di quest'ultima spezie si cacciano le pelli in primo luogo, e dopo ch'elleno vi sono rimaste pel tratto di otto giorni, si tirano fuori per lasciarle in pile, le une sopra le altre, durante otto giorni, sugli orli del piano il che dicesi mettere in ritiro.
In capo ad un tal tempo si ripongono nel medesimo piano, e così alternativamente d'otto giorni per lo spazio di due mesi.
Allorchè strappando alcuni peli colla mano, s'intenda stridere la pelle, senza provare una resistenza troppo grande, ell'è codesta una prova, che i Cuoj si trovano in istato di essere spelati. Tale spelamento si fa sul cavalletto, o col coltello rotondo, che non taglia né di costa né di punta, o più meglio con una pietra da aguzzare, i di cui angoli spiantano benissimo il pelo, senz'arrischiare di recar pregiudizio alla pelle.
Dopo che le pelli sono state pelate rinettate, portano il nome di cuoj in trippa. I cuoj in trippa si gettano in un piano debole, e vi restano duranti quattro mesi, mettendoli in ritiro d'otto in otto giorni. In capo ad un tal tempo si mettono in un piano nuovo, durante lo stesso spazio di tempo; ma sempre ponendoli in ritiro ogni otto giorni; ed osservasi la medesima cosa per il quarto piano che loro dessi, talmente che per tutto il corso del lavoro dei piani, i cuoj stanno tanto tempo in ritiro, quanto ne dimorano nei medesimi.
Il quarto piano ed ultimo testé indicato è pur anche un piano nuovo; ma i cuoj rimangono in esso solamente due mesi, locché forma in conseguenza un anno in tutto per il lavoro dei piani. Per fare un piano nuovo inserviente a ottanta cuoj di bue o di vacca, s'impiegano circa 17. piedi cubi di calce viva.
I Cuoj, che sono rimasti pel corso d'un anno nei piani, hanno acquistata tutta la mollezza, che loro è necessaria; ma innanzi di metterli nella vallonia bisogna ancora lavorarli al fiume, il che consiste a scarnarli, ed a raschiarli fortemente sul cavalletto, tanto dalla banda della carne, come dal lato del fiore o del pelo per quattro o cinque volte diverse, rinettando i Cuoj stessi ogni volta in un'acqua corrente. Scarnare i cuoj egli è lo stesso che levare la carne, e tutte le altre parti straniere col mezzo di un coltello tagliente da due impugnature, simili alle piale di cui si servono i Carraj.
Raschiare egli è lo stesso che levare e spremere tutta la calce, che possa essere restata nel cuojo per la qual operazione si fa uso del coltello rotondo. La gran quantità di calce, che s'impiega nei piani, ed il lungo tempo che soggiornano nei medesimi, hanno fatto pensare a M. de La Lande, il quale ha pubblicato un eccellente descrizione di quest'arte, che il detto metodo, avvengaché il più usitato, non è però il migliore, mentre egli abbrucia ed altera il cuojo. L'oggetto che proponesi nell'operazione della calce, è di aprire e dilatare le fibre del cuojo, per prepararlo a ricevere la vallonia; ma si può ottenere il medesimo effetto per via di altri metodi, che non hanno gli stessi inconvenienti, e che sono più solleciti eziandio.
Noi recheremo qui un'idea di siffatte differenti preparazioni.
I cuoj ad orzo sono quelli, per il lavoro de' quali si fa inacidire della pasta di farina d'orzo, che si stempera poscia in una sufficiente quantità d'acqua, e in cui si fanno fermentare i cuoj;
In siffatto metodo si nomina passata ciò che dicesi piano in que' della calce, ed hannovi tre passate, la morta, la debole, e la nuova. Dopo che le pelli sono state sufficientemente ammollite, si tuffano in una passata morta, finchè da essa si stacchi il loro pelo e che si possano spelarle sul cavalletto: s'immergon poscia nell'acqua chiara pel tratto di dodici o ventiquattr'ore, secondo il bisogno ch'esse abbino, e finalmente si mettono in una passata debole, ove si dimenano una volta al giorno, finchè paja, ch'esse abbiano preso corpo. Si lavorano al fiume, e finalmente loro dessi una passata nuova., composta di 120 o 130 libbre per otto cuoj, il lievito si fa il giorno innanzi con 30 libbre di quella stessa farina, ed una caldaja d'acqua calda.
Basta un mese per condurre con siffatto metodo i cuoj al grado di convenevole preparazione; ma in inverno si mettono in ogni passata cinque o sei secchie d'acqua calda, onde accelerare la fermentazione.
Dopo le tre dette passate, che diconsi passate bianche, di dà la passata rossa, la quale è composta d'acqua chiara con due o tre pugni di vallonia fra ogni cuojo; in capo a tre o quattro giorni si dà agli stessi la medesima quantità di vallonia nella medesima passata, e tre altri giorni dopo si trovan eglino in istato di essere distesi nella fossa, senza rischio di raccorciarsi.
In tutte queste passate, nonché nelle altre, di cui parleremo più oltre, si ha sempre l'attenzione di ritirare le pelli di tempo in tempo per riporle all'aria, siccome abbiam detto, parlando dei piani.
Si chiamano cuoj di Vallachia o ad uso di Vallachia, que' che sono stati preparati in una passata d'orzo ben caldo, durante lo spazio di circa trent'ore, e che dipoi abbiano ricevuto, innanzi di esser messi in fossa, una passata rossa, fatta colla scorza di quercia sminuzzata in pezzuoli grossi come un dito.
Tal metodo è ancora più sbrigativo del precedente, ma richiede grandi attenzioni, onde impedire, che il cuojo non rimanga abbruciato dalla fermentazione, ajutata da un violento calore.
Si possono fare altresì delle passate calde o fredde con lavatura di birra, o con acqua di semola macinata, la quale produce lo stesso effetto delle passate d'orzo, ed anche più facilmente mentre non ci vogliono più d'otto libbre di semola per ogni cuojo, in luogo di venti libbre d'orzo, che s'impiegano per li cuoj alla maniera di Vallachia.
Del rimanente si avverte, che le passate fredde sono sempre molto più lunghe, stann'elleno non di rado due mesi per operare l'effetto, il quale dalla passata calda viene prodotto in tre giorni, aiutato da un calor tale, che il braccio possa resistere in esso senza pena.
I cuoj ad uso di Transilvanea non differiscono da que' di Vallachia se non in ciò, che in luogo d'orzo s'impiegano 18. libbre di segala per ogni cuojo nella passata: gli effetti ne sono i medesimi; ma alcuni pretendono, che le passate in segala diano al cuojo un po' più di sodezza e di fermezza di quella che ad esso reca le passate ad orzo.
Nel Dizionario portatile delle Arti e de' Mestieri stampato per la prima volta a Parigi, v'ha scritto, che i cuoj di Liege o di Namur sono quelli, le cui passate non sono composte che d'acque sicure o che si fanno col sugo di Vallonia o colla Vallonia vecchia, nella quale abbiano soggiornato i cuoj durante l'operazione della Vallonia medesima. Siffatti cuoj vengono pure anche nominati dai Francesi Cuirs a la jusèe; denominazione, la quale, siccome osserva M. de La Lande, loro verisilmente è derivato dal sugo di Vallonia, in cui si preparano innanzi di metterli in fossa. Aggiungesi nello stesso Dizionario, che nella Scorzeria di S. Germano in Laie, si fanno passare primieramente in passate deboli, ma graduate, vale a dire dalle meno alle più robuste, che si chiamano passate correnti.
I Cuoj ordinariamente pel tratto di ventiquattr'ore in caduna di queste passate, e ne percorrono così dieci o un maggior numero, se la stagione, o la qualità dei cuoj lo richiede. Dopo di ciò loro dannosi successivamente due passate d'un sugo di vallonia più robusto e più acido, e di cui eziandio si accresce l'attività, mettendo in esso una certa quantità di scorza grossa, cioè di vallonia grossamente sminuzzata. Queste ultime passate si chiamano passate di riposo, attesoché in caduna delle medesime riposano pel corso di dieci giorni.
Di tutte tali differenti preparazioni, quelle de'cuoj a sugo essendo più speditiva, e non avendo l'inconveniente di distruggere dei grani utili, come l'orzo e la segala, oltre ch'è la men costosa, e che può con una materia analoga all'invalonatura, sembra in conseguenza la più vantaggiosa: nonostante, siccome abbiamo detto, non è ancora la più usitata. Chechè siane, i cuoj dopo di aver ricevuto, mediante l'una o l'altra delle indicate preparazioni, il gonfiamento necessario, e dopo di essere stati pelati, scarnati, lavorati al fiume, e ripassati, deggion essere distesi in fossa colla vallonia, la quale è destinata a renderli consistenti, a terminare di disgregarli, e a dare ai medesimi la necessaria incorruttibilità.
Le fosse sono certe cavità praticate in terra, e rivestite di legno o di mattoni, cementati in forma quadrata o rotonda; ma quest'ultima è oggidì la più in uso, e la maggior parte delle fosse in siffatto modo va costruita. Innanzi di distendere i cuoj nelle fosse si comincia dell'impolverarli con vallonia, e si mettono in pila per tre o quattro ore acciò comincino a prendere il fuoco di cotesta corteccia; indi si mette nel fondo della fossa un buon piede di vallonia vecchia, vale a dire della scorza, che già servì nella fossa stessa.
Sopra siffatta vallonia vecchia si distende la grossezza di un pollice di scorza nuova ben macinata, ed alcun poco umettata; sopra questa polvere si distende un cuojo, e sopra di questo un altro strato di vallonia, e così di seguito.
Le estremità dei cuoj, che formino delle borse o delle piegature, debbon essere tagliate, acciocchè possano distendersi bene, si mette della scorza fra tutte le parti d'ogni cuojo, e quando convenga raddoppiarne alcuni siti, si pone ancora della scorza nella duplicatura: se ne sparge un po' su le parti più grosse, come su le ganasce, e su la fronte; mentre i siti più sottili, quai sono le gambe, e la culata, non n'esigono che la grossezza d'un dito.
Quando tutt'i cuoj siano adattati in tal modo nella fossa, si mette, al di sopra della scorza nuova che copre l'ultimo cuojo, uno o due piedi di Vallonia vechia.
Codesta la si folla coi piedi, e tal operazione dicesi far un cappello. Al di sopra di siffatto cappello si pongono delle tavole, e si caricano di pietre per meglio applicare la scorza su i cuoj.
La fossa essendo in tale stato, la s'imbeve d'acqua chiara, e si ha l'attenzione dipoi di esaminarla di tempo in tempo, onde vedere se per avventura fosse asciutta, e se abbia bisogno di essere abbeverata nuovamente. Il cuojo resta tre mesi in cotesta prima polvere, e in cotesta prima scorza, la quale dev'essere fine, affinchè non rigonfi il cuojo medesimo, né gli dia delle piegature false.
La seconda scorza si dà come la prima, ma meno fina; essa dura quattro mesi e in capo a tal tempo il cuojo è acconciato fin al cuore, vale a dire fino nell'interiore. Per la terza scorza s'impiega della vallonia più grossolana, che per la seconda, ed in essa si lascia il cuojo lo spazio di cinque mesi; sicchè tutta siffatta operazione dell'acconciatura si termina nel corso d'un anno.
Tal è almeno il metodo de' Cuojaj Francesi; ma molti pretendono, che i cuoj d'Inghilterra restino nella scorza assai più lungo tempo e che a tal lunga acconciatura è dovuta la qualità superiore di cotesti cuoj.
M. de La Lande si è assicurato in tempo del suo soggiorno a Londra, che l'operazione dell'acconciatura de' cuoj non è d'ordinario più lunga che in Francia, ed è inclinato a credere, che l'eccellente qualità de' cuoj d'Inghilterra derivi dall'essere impiegata nella loro preparazione della scorza assai fina, e dall'attenzione che hassi di tener sempre le fosse piene d'acqua.
Questo liquido, egli dice, che tiene di continuo in dissoluzione le parti più penetranti e più stitiche della vallonia, e che abbevera continuamente i cuoj, dee penetrarli più facilmente e più intimamente della polvere, o del lezzo di scorza, che sta solamente disteso al di sopra, come praticasi in Francia.
I cuoj che diconsi alla Danese, si acconciano in due o tre mesi.
Dopo di aver loro date le prime preparazioni da noi indicate, si cuciscono tutt'all'intorno, riservandone solamente un lato, per il quale si riempiono di Vallonia e d'acqua, e che si cuce dipoi come i tre altri lati. Dopo averli battuti fortemente per costringere la scorza a distribuirsi ugualmente per ogni dove, si mettono in fosse ripiene di buon'acqua di Vallonia, ove si caricano di tavole e di pietre, ed ove si ha l'attenzione di rivoltarli due o tre volte per settimana, battendoli ogni volta.
Questo metodo somministra un cuojo più sottile, e d'un colore più chiaro di quello acconciato alla maniera ordinaria.
Quando i cuoj siano stati ben acconciati, mediante alcuno dei metodi da noi esposti, si distendono sopra pertiche entro un granaio corredato di più finestre, ma al coperto del Sole e del gran vento, e quando cominciano a divenire più rigidi, si dirizzano, distendendole sopra un terreno netto, ove dopo di averli fregati con vallonia asciutta, si battono con la pianta del piede, onde spianare le inuguaglianze, e dipoi si mettono in pila per il corso d'un giorno.
All'indomani si distendono sopra le pertiche, e quando si trovino quasi asciutte, si mettono in soppressa pel corso di ventiquattr'ore sotto tavole caricate di pietra.
Se per avventura si trovi, che siano un po' molli, oppure increspati o corrugate, si battono con una mazzocca sopra un zocco di legno ben unito.
Dopo tutti siffatti preparamenti si mettono i cuoj in un luogo fresco, ove si ha la diligenza di cangiarli di situazione da un tempo all'altro pel corso di tre settimana; e finalmente, avvegnachè il cuojo sia ben asciutto, egli non può che guadagnare, essendo serbato un certo tempo.
Ci vuole, dice M. de La Lande, almeno un mese di riposo, affinchè tutte le parti attive della vallonia abbiano terminato di penetrare e di agire, ed acciocchè non abbiavi alcun movimento interno, che tender possa alla dissoluzione e ad impedire la durezza ed il buon uso del cuojo.
Il cuojo ben preparato e ben acconciato, dee avere il nervo serrato, il taglio lucido, e di un colore simile a quello di una noce moscata, e finalmente conviene, che il taglio medesimo sia marmorato al di dentro. Ma per quanto sia buono l'apparecchio che un cuojo avrà ricevuto, egli sarà ancora d'un assai miglior uso, se innanzi di impiegarlo, abbiasi l'attenzione di batterlo fortemente con martelli di ferro o di rame.
Si è osservato esservi una differenza prodigiosa fra la durezza e la bontà delle suole d'un medesimo cuojo battuto, e quelle che il Calzolajo non avrà avuto la pazienza di battere.
Nelle scorzerie si chiamano cuoj in opera, i cuoj de' piccoli buoi, ed i cuoj sottili di vacche, che non possono lavorarsi in forte, e che si lavorano in cuojo debole.
Eglino li mettono nei piani pel corso della unità del tempo che vi soggiorna il cuojo forte, e dopo di essere stati ben lavorati al fiume, si pongono in un'acqua calda di vallonia, nella quale parecchi uomini dimovendo li vanno continuamente con palle per lo spazio d'un'ora, andando prima da diritta a sinistra, e poi da sinistra a diritta.
Tal lavoro si replica parecchie volte, rilevando le pelli ogni giorno,
e mentrechè esse gocciolano si rimette un po' di vallonia nuova nella detta acqua calda per ridare alla stessa della forza.
Cotesta operazione viene seguita dal rifacimento, il quale consiste a mettere le pelli a rifarsi in una tina, nella quale c'entra il doppio di vallonia.
Dopo ch'esse v'hanno soggiornato pel tratto d'un mese o di sei settimane secondo le stagioni, si distendono nella fossa, ma dannosi alla medesima solamente due polvei; la prima di tre mesi e la seconda di cinque o sei settimane.
I cuoi di cavalli si trattano come que' delle vacche; le pelli di vitelli, di capre, e quelle di montone si lavorano parimenti a proporzione, ma vi s' impiega meno tempo e minor quantità di materie.
La vallonia vecchia che si ricava dalle fosse, s'impiega a fare dei cumoli da bruciare; impastandola in un modello di rame.
Un uomo coi piedi nudi comprime la vallonia in cotesto modello, e la batte per indurirla.
Questo modello ha due manichi, pei quali si prende, onde far cadere la vallonia, allorchè essa trovasi impastata venendo posta indi ad asciugare.
Ultimamente è stato scoperto che la segatura di Rovere, di cui tanto ne abbondano gli Arsenali, è atta al pari della vallonia ad acconciare i cuoj.
In certe Provincie della Francia spezialmente s'impiegano delle altre corteccie diverse da quelle di Quercia, nonché delle piante stitiche ed astringenti.
M. de La Lande ha dato in tal proposito dei dittaglj curiosissimi nella descrizione da lui pubblicata di quell'Arte.
Sarebbe desiderabile, che i Botanici moltiplicassero maggiormente le sperienze su le materie vegetabili, ed è supponibile, che siffatte ricerche farebbero scoprire delle piante adatte a rimpiazzare forse anche con vantaggio la Scorza di quercione, che diviene rara in certi paesi.
Nel Dizionario portatile delle Arti da noi già citato, alla voce Tanneur, sta scritto, che alcuni Cuojaj significarono a M. Baumè, ch'era stato provato già con molto successo il Marone d'India, e che la difficoltà di macinarlo avealo fatto abbandonare; ma riuscirebbesi facilmente cominciando a polverizzarlo, mentre trovasi verde, e terminando l'operazione ridotto che fosse secco.
Esso M. Baumè pensa altresì, che potrebbesi provare con isperanza di riuscire, le acque minerali ferraginose e, farne anche di artifiziali in tant'abbondanza quanta si giudicasse a proposito, gittando in pozzi destinati a tal uso, una gran quantità di ferraglia, e la quantità necessaria di vitriolo di marte.
Il detto Chimico pensa eziandio, che potrebbesi esperimentare in piccolo con esito la dissoluzione del ferro in differenti proporzioni, per via dell'acido nitroso, o dell'acido marino.
Coteste dissoluzioni hanno un'estrema astrizione e infinitamente superiore a quella di tutte le materie vegetabili note.
Se riuscissero l'esperienze fatte in picciolo, si potrebbe trovare il mezzo di scemare notabilmente il prezzo di siffatte dissoluzioni.
La maggior parte dei cuoj, uscendo dalle mani del Cuojajo, passano in quelle del Pellajo, il quale dopo d'averli mollificati, follati e raschiati gl'imbeve di sevo per renderli più morbidi e più liscj. vedi PELLAJO.
I cuoj in tal guisa preparati vengono messi in opera dai Calzolaj, dai Valigiaj; dai Sellaj e parecchj altri Artefici di mestieri diversi.

Fine Cuojajo

pag 179-192 (Griselini)
Copiato dall'originale a mano da V. Caniglia

 

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