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Sezione 06: LE MACCHINE PRIVILEGIATE
Macchine minerali e metalliche

    Il Piemonte del Settecento: il padre Beccaria e i suoi "allievi"

Filippo Burzio
Anima e volti del Piemonte
Torino: Edizioni Palatine, 1947

  Il Piemonte offre l'esempio classico del paese che, appena sorto (o formato) politicamente, subito comincia a fiorire anche nel campo della cultura con improvviso ed inaudito rigoglio, quasi a dimostrare il tutt'altro che certo (nè privo di eccezioni) teorema storico, il quale vorrebbe stabilire un rapporto di causa ad effetto tra la politica e la cultura. Se la Grecia antica, in particolare, offre un esempio illustre del contrario, per il Piemonte la cosa è certa. Parlano invero eloquentemente le date. È del 1713 quella pace di Utrecht, che, con la corona regia alla dinastia, dà al paese un lungo periodo di pace. È del 1720 la riforma dell'Università di Torino, ad opera di Vittorio Amedeo II, il quale era stato bensì costretto a ricorrere quasi completamente a docenti forestieri per rinsanguarne le languenti vene, ma il cui successo era stato tale, che una trentina d'anni appresso, al dire di Vassalli Eandi, "le cattedre... Si trovavano già occupate da Piemontesi famosi, quali Beccaria, Ferreri, Natta, Revelli, Chionio, Gerdil, Ansaldi, Arcasio, Berardi, Bruni, Somis, Bertrandi, Michelotti; e l'Università non contava più che tre celebri forestieri: Bartoli, Carburi e Donati".
È del 1739 (altra data cruciale) la fondazione delle Scuole d'Artiglieria, che diventano ben presto un seminario d'alti studi, militari e scientifici insieme: i Papacino, i Saluzzo, i Robilant, con le loro ricerche e coi loro trattati, fanno testo e autorità un po' dovunque, perfino nelle due più orgogliose nazioni militari del tempo, la Francia e la Prussia. E infine, la fondazione del terzo grande Istituto culturale piemontese, e il più famoso di tutti, l'Accademia delle Scienze [1783], ad opera del trinomio Lagrange-Cigna-Saluzzo, che dà immediatamente all'alta cultura piemontese, e alla sua fulminea ascesa, la consacrazione dell'alta cultura europea: i cui maggiori rappresentanti, da d'Alambert a Haller a Eulero, fanno a gara a volerne essere soci e collaboratori.
Poiché in quegli anni l'Alfieri è appena fanciullo: e poiché, d'altronde, la sua fama, anche quando avrà spiegato il maggior volo, rimarrà piuttosto nazionale che cosmopolita - sembra abbastanza legittimo inferirne che il risorgimento culturale piemontese (specialmente nella sua prima fase) è di natura piuttosto scientifica che letteraria, e tocca il suo vertice supremo in Lagrange.
 

Veritas et Utilitas è il motto
dell'Accademia delle Scienze
di Torino, fondata nel 1783

Tanto più notevole appare pertanto il posto e l'officio che vi compete al suo iniziatore, il Beccaria.
Figura, nelle linee esterne, abbastanza consueta di abate settecentesco, cultore, accanito ai nuovi studi scientifici, delle umanità e delle buone lettere, il Beccaria era nato a Mondovì nel 1716, ed aveva studiato e professato a Roma: la sua assunzione alla cattedra di fisica nell'Università di Torino, avvenuta nel 1748, aveva segnato la definitiva vittoria, pur nella capitale subalpina, dell'indirizzo sperimentale, già galileiano ed ora newtoniano, sull'apriorismo, prima peripatetico poi cartesiano, che da secoli così accanitamente lo contrastava. Che il pratico e positivo ingegno piemontese dovesse (a differenza del meridionale) essere potenzialmente a favore del primo, è facile arguirlo: ma di acuto interesse è cogliere, dalla viva voce del tempo, l'eco di quelle antiche (e tanto feconde, per i futuri sviluppi!) tenzoni.
"Il re Carlo di sempre gloriosa memoria lo chiamò di Roma nel 1748 per insegnare la Fisica nell'Università di Torino, dove dal 1720 avevano sempre insegnato il P. Roma, e il suo discepolo P. Garro. Il P. Roma era più dotto in materie Teologiche, e Canoniche, che nelle Fisiche, ed era imbevuto del sogno elegantissimo di Cartesio; appena diede segno di non ignorare affatto alcune scoperte del Galileo e del Torricelli... Onde - prorompe con bel movimento oratorio, ma soprattutto con sincera indignazione, quel buon Eandi, discepolo e successore del Beccaria, le cui Memorie andiamo ora citando per dare uno scorcio della storia scientifica della nostra città quegli uomini stessi, che fin dal 1674 erano stati persuasi che l'osservazione e l'esperienza sono le sole scorte sicure della scienza naturale, ed avevano assaporato il soavissimo gusto delle più belle scoperte per mezzo dell'egregio Rossetti; quella città stessa che... era stata nel 1678 teatro della magnifica contesa di due gran Fisici intorno a punti di scienza naturale allora solamente, o scoperti di nuovo, o illustrati ed estesi dall'immortal Galileo - ravviluppata dal '20 insino al '48 ne' vortici Cartesiani, applaude al romanzo ed ignora le cose utili...".
E il Vassalli Eandi, a sua volta: "Tutto intento (il Beccaria) a promuovere gli studi fisici, ed eccitare la gioventù ad unirvi le matematiche, le quali languivano... credesi che abbia eccitato quelle nascoste faville nel genio sublime del giovinetto Lagrange, che accesero lo splendidissimo lume ora sì ampiamente diffuso per tutto il mondo letterario".
[...]
Commovente è cogliere, come per le sorgenti alpestri di un fiume maestoso, il quasi inavvertito nascere delle grandi cose: nel nostro caso, di quella scienza dell'elettricità, che ha dominato l'Ottocento; e, attraverso la radio, domina ancora, insieme all'aerodinamica, il Novecento - succedendo a quella Meccanica che (da Newton a Lagrange) aveva invece tenuto lo scettro del secolo XVIII. Per quanto riguarda l'Elettrologia, eccone qui un atto di nascita torinese, abbastanza importante; e pieno di quell'incanto, che le scienze naturali derivavano, al loro sorgere, dall'ancora ingenuo contatto con la misteriosa natura:
"Mentre (il Beccaria) era inteso a promuovere la vera Fisica, avvertito della celebre sperienza immaginata da Franklin in America, egli, che già da qualche tempo s'occupava intorno all'elettricità, rivolse subito le sue mire ad avverare ed estendere quelle nuove importantissime scoperte. ... Gli Accademici del Cimento già avevano veduto il fumo di una pur allora spenta candela, attirato dall'elettricità, piegarsi verso dell'ambra strofinata... pure passò quasi un secolo prima che il nostro Professore lo dimostrasse ampiamente... Attirando poi il fuoco elettrico dell'atmosfera nella sua camera, ne fa vedere la medesimezza de' segni con l'artifiziale; onde scopre egli il primo essere l'atmosfera ora elettrica per eccesso, ed ora per difetto... Onde non è meraviglia se fu collocato tra i primi ristoratori della scienza naturale, e le celebri accademie di Londra e di Bologna si fecero gloria di ascriverlo tra i loro soci".

 

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