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Sezione 07: IL LABORATORIO DI VETRO
Una sostanza misteriosa

Un po' di storia
La sostanza è di origine molto antica. Lame, coltelli, punte di frecce in ossidiana, sostanza vetrosa naturale di origine vulcanica, risalgono al periodo paleolitico. Come naturale è la folgorite, silice fusa per l'azione delle folgori sulla sabbia e la tectite di origine cosmica di cui sono composti i frammenti di vetro del deserto libico.
Oggetti in vetro furono utilizzati e lavorati dagli egiziani 2000 anni prima di Cristo ma sembra che fossero rare imitazioni di pietre preziose. Verso il 1500 a.C. i manufatti in vetro diventano più frequenti sebbene ottenuti con tecniche molto semplici: per gli oggetti cavi la pasta vitrea era modellata allo stato fuso su stampi in argilla o su anime di sabbia mentre per i pieni si ricorreva al taglio a freddo del blocco di vetro, lavorandolo poi come se fosse una pietra. Già alla fine del II millennio si conoscono vetrerie in tutto il Vicino Oriente, ma il vero e proprio progresso è dato, sul finire del primo secolo, dalla tecnica del vetro soffiato nata probabilmente in Siria.
 
L'arte della fusione e della soffiatura passò ai romani che se ne servirono non solo per oggetti artistici ma anche per articoli di uso comune i quali, facili da pulire e da riutilizzare, erano fortemente competitivi con la ceramica e i metalli. Da botteghe di artigiani in pieno sviluppo, tanto da avere nomi diversi a seconda del tipo di lavoro eseguito, i diatretari, o intagliatori, e i vitreari, o fabbricanti di vetro, e da botteghe attivissime in tutto il Mediterraneo e nelle province periferiche dell'impero, la produzione sistematica dei manufatti in vetro si spinse lungo il Rodano, il Reno, nell'attuale Belgio e in Inghilterra.
Dopo un periodo di decadenza, l'industria si sviluppò nel mondo musulmano con forme e decorazioni del tutto nuove. Bisanzio e Corinto diventano i maggiori centri della manifattura vetraria nel periodo medievale e, in seguito alle Crociate, da queste città provengono quei maestri che danno nuovamente spinta allo sviluppo artigianale dell'Occidente e in particolare a Venezia. La città dal 13º secolo non avrà rivali. Famosa per l'invenzione del vetro cristallino, per l'abilità dei vetrai a lavorare le canne "millefiori" e per il vetro a ghiaccio, la Repubblica Veneziana era severissima nel controllo della sua maggiore industria. Puniva l'esportazione di materie prime con la loro confisca ed impediva la propagazione di ricette segrete. Ed è per avere un migliore controllo, e per motivi di sanità pubblica e per i continui incendi, che nel 1289 le fabbriche veneziane furono tutte trasportate nell'isola di Murano e si proibì l'allontanamento agli stessi operai. Ancora nel 1547 si legge che " se un operaio vetraio trasporta la sua arte in un paese straniero a detrimento della Repubblica gli sarà mandato l'ordine di rimpatriare; se non vi ottempererà, s'imprigioneranno i suoi parenti più prossimi, e se malgrado ciò si ostinerà a rimanere all'estero, s'incaricherà un qualche emissario di ucciderlo". Ma nonostante la crudeltà delle leggi alcuni maestri vetrai riuscirono ad emigrare in altri paesi, sollecitati da notevoli benefici e ingaggi finanziari, e nel 1600-1700 l'arte veneziana si diffuse nei paesi nordici.
I luoghi e le materie prime reperibili influenzarono sviluppi diversi dell'industria vetraria. Materie prime diverse quindi diverso tipo di vetro e quindi diverse tecnologie.
Le "zone vetrarie" del Basso Medioevo si distinguevano in base alle materie prime impiegate, tra cui la silice e gli alcali. Nei paesi nordici questi ultimi provenivano dalle ceneri delle piante e quindi contenevano potassio, nei paesi mediterranei invece erano ottenuti da piante marine e quindi contenevano sodio. Questo comportava un diverso tipo di forni, di crogioli, di utensili perché il vetro con potassa era più "molle". Oltre a ciò era altrettanto importante il tipo di combustibile usato per la fusione che incideva sull'evoluzione delle tecniche, in particolare in Gran Bretagna dove la continua richiesta di legna da ardere per alimentare le fornaci era diventata insostenibile. Elisabetta I, nel 1615, aveva obbligato le industrie all'uso del carbone e alcune di queste, tra cui le vetrerie, dovettero cambiare i processi di lavorazione adottando crogioli chiusi per proteggersi dalle esalazioni e dal maggior calore derivante dal nuovo combustibile. La copertura del crogiolo fu essenziale per il nuovo vetro poiché s'impedì che i fumi contenenti zolfo presente nel carbone reagissero con le impurezze della massa vetrosa costituite da piombo, colorandola di nero, e portò nel 1673 ad una sorta di vetro bellissimo, trasparente, simile al cristallo di rocca: il vetro a piombo. Il piombo venne aggiunto deliberatamente in quantitativi sempre maggiori fino al 18º secolo, periodo in cui i decreti di vendita del vetro a peso pongono un tetto massimo alla percentuale del piombo introdotto che, anzi, piano piano si attestò a valori meno drogati. Nello stesso tempo in Germania, con aggiunte di creta al vetro e alla potassa, si ha un altro tipo di cristallo molto compatto adatto alle incisioni alla mola: il vetro di Boemia.
Dal 1600 si assiste ad un proliferare di invenzioni di vetri ottici e all'uso combinato di vetri convessi e concavi per il miglioramento dell'immagine. Aiutati dai primi studi sulla rifrazione della luce si ottennero lenti acromatiche che saranno commerciate con successo dagli inglesi e che influirono a loro volta sullo sviluppo delle scienze.
Nel 18º e nel 19º secolo la fabbricazione del vetro d'ottica fu sottoposta a continui perfezionamenti che, rendendo più omogenea la massa vetrosa ed eliminando le bolle d'aria, aumentarono la luce trasmessa. Parallelamente si ha anche uno sviluppo degli specchi già prodotti a Venezia nel 14º secolo ma di cui la Francia e l'Inghilterra hanno una vera e propria passione. Con l'aiuto di maestri veneziani, le due potenze si distinsero per la produzione delle grandi lastre: si fabbricarono specchi con il sistema dell'amalgama di mercurio e verso la metà del secolo XIX con l'argentatura.
Tutta la lavorazione del vetro fino al secolo scorso veniva fatta ancora a mano; anche quella delle bacchette e dei tubi di vetro che erano stirate e soffiate se si volevano tubi cavi. Il vetro fuso era ancora troppo difficile da lavorare e non era ipotizzabile una sua meccanizzazione, pur tuttavia si fabbricavano bacchette e tubi di vetro con una precisione di diametro piuttosto sorprendente. Bravura e abilità che si rileva anche nella produzione delle grandi lastre, ottenute di spessore uniforme con opportuni movimenti oscillatori e rotatori.
Il 1700 e la Francia nel campo dei vetri richiamano subito la Saint Gobain, originata da una fabbrica normanna che deteneva il monopolio sotto Luigi XIV. La Saint Gobain era la più grande fabbrica del periodo per le lastre di vetro. Lavorava ancora con forni a legna che vennero sostituiti solo all'inizio del secolo XIX, mentre l'Inghilterra, partita più in sordina in questo campo, si avvantaggiò in seguito adottando i forni a carbone che rispondevano in modo più adeguato alla forte richiesta di materiale vetrario per l'edilizia.
Fino alla metà del secolo 19º gli oggetti creati rischiavano di essere copie uniche. Uniche perché i metodi non erano standardizzati, le quantità dei componenti variavano, e in mancanza di analisi precise non si potevano distinguere con sufficiente certezza i componenti del vetro. La riuscita della lavorazione stessa era dovuta alle abilità personali degli operai che si affidavano alle "sensazioni" date dal materiale. Il risultato non sempre era riproducibile ma poco importava. Maggior controllo e riproducibilità venne dato dai miglioramenti della chimica, anzi proprio il vetro è stato un protagonista della sua rivoluzione che aprì il nuovo secolo "alla misura" con la legge della conservazione della massa. Ed è anche nel vetro che il processo Leblanc di fine 700 schiuse orizzonti mai conosciuti sia per la facilità con cui si potevano ricavare gli alcali dal sale (il carbonato sodico e il solfato di sodio), sia per l'abbattimento dei costi.
Chimica e meccanica si unirono per il miglioramento del prodotto. Il vetro venne studiato, analizzato in funzione del suo impiego. Si trovarono le percentuali migliori per ogni tipo di vetro e si distinsero le ricette di base, che erano state adottate in modo empirico per 3000 anni, non solo per i due tipi di vetro più comuni, i vetri sodio-calcio-silicei per bottiglie e finestre e i vetri piombo-potassio-silicei per gli oggetti più preziosi, ma nuove composizioni si resero interessanti, vennero aggiunti altri elementi chimici nelle miscele e si studiarono le relative proprietà ottiche.
A fine Ottocento in Germania nasce l'industria del vetro scientifico con Abbe, Schott e Zeiss. Vennero esaminate anche altre proprietà del vetro, il migliore comportamento rispetto alla resistenza al fuoco e al caldo-freddo, l'incidenza degli agenti chimici, l'umidità ecc. La meccanica interviene con i forni a recupero Siemens e con gli strumenti scientifici necessari ad un completo controllo dei processi industriali in particolare alle alte temperature (Tab.2). La costanza della qualità del vetro era d'altra parte indispensabile per la meccanizzazione, come la riproducibilità e la costanza dei contenitori in vetro ha aiutato anche il controllo del contenuto per una sempre maggior produzione di cibi, bevande, preparati. Ciò aveva permesso di seguire il lavoro in tutte le fasi degli impianti per una produzione economica su larga scala.
Nuove richieste di altri settori industriali spingeranno la sperimentazione di altri componenti; nei laboratori chimici si richiedevano sempre di più vetri con bassa dilatazione termica, nell'industria elettrica vetri per le lampade ad alta potenza e per le valvole termoioniche, nell'industria fotografica i vetri ottici, nell'industria automobilistica i vetri temperati e laminati, nell'industria televisiva i vetri speciali, nelle telecomunicazioni le fibre di vetro ecc. I problemi da loro creati obbligarono la messa a punto di ulteriori miscugli e le leggi del mercato imposero lo sviluppo dei processi continui con dispositivi sempre più elaborati.
Nel secolo XX l'industria del vetro è legata ancora di più al miglioramento delle macchine e ai progressi della tecnologia ma in un certo senso il vetro ha perduto la sua identità. La sua evoluzione non è più lineare, finalizzata al bell'oggetto o all'oggetto funzionale. Il vetro è diventato un nuovo strumento che a sua volta stimola altri prodotti in un processo a spirale.

Da: N. Nicolini, in La collezione di vetreria scientifica, a cura di N. Nicolini e G. Terenna, C.U.T.V.A.P., Siena: Nuova Immagine Editrice, 1999

 

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