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Le burette sono tubi graduati in vetro predisposti per somministrare
volumi riproducibili di soluzioni. Furono introdotti nell'analisi
quantitativa dal farmacista francese F. A. H. Descroizilles. La
quantità ignota di una sostanza in soluzione, di cui si conosce
l'identità, viene determinata per combinazione con un'altra
di cui si conosce esattamente la quantità e che viene aggiunta
tramite una buretta. Tale reazione deve essere completa e se ne
deve poter rilevare con accuratezza il punto di fine. A tale scopo
nella soluzione di analisi vengono poste sostanze dette indicatori,
che, quasi sempre con una variazione cromatica, si combinano, senza
interferenze apprezzabili, con la soluzione titolante dopo il completamento
della reazione analitica. Rilevando al momento del "viraggio" del
colore il volume della soluzione aggiunta si risale con un semplice
calcolo alla quantità del campione esaminato. La possibilità
di variare ampiamente il titolo delle soluzioni e di dosarne finemente
i volumi rende il metodo delle titolazioni intrinsecamente più
agevole e rapido di quello classico di pesata limitando l'uso della
bilancia alla sola fase iniziale. La striscia blu sul retro agevola
la determinazione visiva del livello del liquido.
[E. Rancke Madsen, The development of titrimetric analysis till
1806, Copenhagen : G·E·C Gad Publishers, 1958
F. Szabadvary, History of analytical chemistry, Oxford :
Pergamon Press, 1966.
R. Christophe, L'analyse volumétrique de 1790 à
1860, "Revue d'Histoire des Sciences", 1971, 24, pp.
25-94.
A. Bassani, La lenta legittimazione dell'analisi volumetrica,
in F. Abbri e F. Crispini (a
cura di), Atti del III Convegno Nazionale di Storia e Fondamenti
della Chimica, Cosenza : Brenner, 1991, pp. 131-161.]
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