Il comparatore ottico, come più esattamente è definito,
si basa sul principio che all'estinzione di una soluzione colorata
concorrono in modo equivalente sia il suo spessore che la concentrazione
della specie assorbente. Lo spessore e la concentrazione sono dunque
tra loro inversamente proporzionali. Mettendo a confronto due soluzioni
della stessa specie assorbente, di cui una a titolo noto, la misura
dei due spessori a parità di estinzione permette il calcolo
della concentrazione incognita. È costituito da due vaschette
di vetro con il fondo trasparente nelle quali possono immergersi,
in misura variabile, due cilindri chiusi in basso da due facce piane
trasparenti. Il movimento di immersione nelle soluzioni è
regolato verticalmente mediante una cremagliera associata a una
scala di lettura. La luce proveniente da una sorgente collocata
al di sotto delle vaschette, dopo aver attraversato le due soluzioni
e i cilindri di vetro, viene convogliata con un sistema di prismi
e lenti in un cannocchiale. All'occhio si presenta una immagine
costituita da un disco luminoso diviso in due semicerchi. All'operatore
spetta il compito di ottenere l'equivalenza di luminosità
delle due metà dell'oculare regolando l'immersione dei cilindri.
[Giuliano Dall'Olio, Romolo M. Dorizzi, Paolo Telesforo, Il laboratorio
di chimica clinica nell'800 negli studi di tossicologia e farmacologia,
in P. Amat Di Sanfilippo (a cura di), Atti del VI Convegno Nazionale
di Storia e Fondamenti della Chimica (Cagliari, 4-7 ottobre 1995),
"Rendiconti dell'Accademia Nazionale delle Scienze detta dei
XL - Memorie di Scienze Fisiche e Naturali".
1995, Serie V, 19 (113), pt. II, pp. 375-396.
Giuliano Dall'Olio, Romolo M. Dorizzi, Paolo Telesforo, Apparecchiature
del laboratorio clinico: dalle origini al 1950, Foggia : DI.
TE, 1996]
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Colorimetro Dubosq
Jules Duboscq, Parigi, 1854
Laboratorio chimico-clinico,
Ospedale S. Bortolo. Vicenza
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