Delle cinque regole basilari per un messaggio pubblicitario, essere visto, letto, creduto, ricordato e capace di spingere a comperare il prodotto, a cavallo del secolo XX c'erano sicuramente problemi già dalla seconda: più del 60% della popolazione era analfabeta. Considerando che i canali di comunicazione erano esclusivamente giornali e manifesti si deduce che i messaggi pubblicitari non dovevano essere indirizzati a tutti. In effetti, i prodotti e soprattutto gli ambienti che venivano proposti riguardavano una stretta fascia alto borghese mentre la maggioranza dei cittadini si sentiva appagata dall'ammirare la bella vita. I manifesti piacevano, quindi, per la possibilità che fornivano a tutti di immedesimarsi in una mondanità raggiungibile solo su carta. |
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E per questo i manifesti dovevano essere "belli". I più curati erano i manifesti che proponevano oggetti di consumo accanto al mito del progresso sottolineato dall'altrettanto dinamico segno del liberty. Progresso che aveva bisogno di canali nuovi per incidere sul mercato poiché i manifesti che documentavano l'intero ciclo della produzione, con l'immagine della fabbrica fumosa e con le medaglie ottenute nelle esposizioni, erano ormai superati. All'inizio del secolo era giunto il momento di puntare sul solo marchio e sul prodotto finale, non era più necessario farne la storia, come non era più necessario documentarla. Comincia così l'importanza del creativo capace di catturare l'attenzione del passante e sedurlo perché consumi. |