La Società Anonima Industria Piemontese dei Coloranti all'Anilina
(IPCA s.a.), fu fondata nel 1922 dai fratelli Sereno e Alfredo Ghisotti;
nei pressi di Ciriè essi individuarono un'area adatta alla
fabbricazione di coloranti all'anilina, un tipo di produzione fino
a quel momento assente in Italia. Il fabbisogno di questi prodotti
da parte dell'industria tessile e conciaria italiana era stato,
fino ad allora, soddisfatto da grandi aziende inglesi e tedesche.
Obiettivo dei fratelli Ghisotti era pertanto quello di sottrarre
a queste aziende il dominio del mercato interno.
L'attività dell'impresa si rivolse quindi inizialmente ad
un mercato esclusivamente nazionale, dopo un primo decennio si attività
dall'esito incerto, negli anni trenta conobbe una fase di notevole
incremento ed espansione. I successi commerciali dovuti alla concorrenzialità
dei prodotti IPCA rispetto a quelli delle ditte estere, si ottennero
riducendo in maniera considerevole i costi di produzione mediante
un metodo di lavorazione obsoleto e altamente nocivo per gli addetti
ai lavori.
Negli anni 50 e 60 l'IPCA accrebbe le relazioni commerciali
ben oltre i confini nazionali, sia in Europa sia nel resto del mondo.
A questo incremento del volume di affari non corrispose però
un analogo miglioramento delle condizioni di lavoro all'interno
degli stabilimenti e i metodi di lavorazione nei reparti rimasero
infatti identici a quelli del dopoguerra. Gli operai continuarono
a morire di carcinoma alla vescica, in un clima di colpevole trascuratezza
e indifferenza da parte della dirigenza.
In una relazione del giugno 1971, inviata al Comune di Ciriè,
il professor Rubino, direttore dell'Istituto di Medicina del
Lavoro, avvisava che "il proseguimento dell'indagine
induce a ritenere che il numero dei colpiti da cancro aumenterà
ulteriormente. Si tratta di dati impressionanti ed è da ritenere
che almeno in passato l'esposizione agli aminoderivati è
stata all'IPCA decisamente intensa. L'azienda si presenta
in condizioni igienico ambientali non certo ideali. Gli impianti
sono di vecchissimo modello ed il trasporto e il maneggio di sostanze
anche tossiche avviene con mezzi del tutto primitivi".
L'aggravarsi di questa situazione spinse due operai ex lavoratori
dell'IPCA, Albino Stella e Benito Franza, a presentare denuncia,
nel 1972, contro la fabbrica. I due operai, entrambi ammalati di
tumore vescicale, diedero inizio con la loro preziosa testimonianza
ad un processo che portò, nel 1977, alla condanna per omicidio
colposo dei titolari e dei dirigenti dell'azienda. Da una ricerca
dell'INAIL, le vittime di tumori alla vescica tra gli ex dipendenti
dell'IPCA risultarono essere 168. In seguito a questa vicenda
e alle mutate condizioni di competitività commerciale, l'IPCA
fallì e cessò definitivamente l'attività
nell'agosto del 1982.
Bibl.: P. Benedetto, G. Masselli, U. Spagnoli, B. Terracini, La
fabbrica del cancro: l'IPCA di Ciriè, Torino : Einaudi,
1976; M. Benedetti, La morte colorata, Milano : Feltrinelli
1978; Il caso IPCA: Almeno so di cosa morirò a cura
di INAS-CISL, Torino, 1971; DRP n.9, Non morire di fabbrica,
Regione Piemonte, Torino.
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L'Ipca di Cirié: la "fabbrica del
cancro"
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