(Dal nostro inviato speciale) Milano, 27
luglio
"Se non me ne fossi accorto io, l'avrebbero detto?".
La domanda la pone a se stesso il dottor Aldo Cavallaro, direttore
del laboratorio di Igiene e Profilassi dell'amministrazione provinciale.
E' un interrogativo terribilmente scottante: "loro" sono
la Icmesa, la fabbrica di Meda dalla quale sabato 10 luglio si sprigionò
la tremenda nube tossica e i tecnici di Zurigo della Givaudan, proprietaria
dell'Icmesa, che hanno compiuto gli esami chimici; e la scoperta di
Cavallaro è quella relativa al tetracloro-dibenzo-diossina,
un veleno che qualcuno classifica il più potente di tutti gli
altri. Aldo Cavallaro non sa rispondersi. "Non so, continuo
a chiedermi, se quel giorno non avessi manifestato i miei sospetti
sulla diossina, come si sarebbero poi comportati". Di fronte
a quella precisa ipotesi del chimico milanese, i responsabili dell'Icmesa
dissero: " Potrebbe essere come lei dice: i nostri esperti,
a Zurigo, stanno studiando la cosa".
Quel giorno era domenica 18 luglio, erano già passati 8 giorni
dall'incidente, la gente stava lentamente intossicandosi, gli animali
domestici incominciavano a morire a decine. Gli esperti dell'Icmesa
e della Givaudan sapevano già che cosa era successo in realtà?
Ci sono motivi per sospettarlo. Speravano forse di minimizzare l'accaduto,
di mantenere la verità in un alone di mistero, con la convinzione
che tutto si sarebbe risolto con modesti danni agli animali da cortile
e con qualche allergia a un po' di abitanti?
Il dott. Cavallaro, riandando alle origini del fatto, si convince
di una cosa: "Quelli della Icmesa avrebbero dovuto chiamarci
subito, sindaci, autorità sanitarie, e dirci chiaramente: "Datevi
da fare, ordinate lo sgombero della gente, c'è molto pericolo".
E invece ci hanno lasciati nell'incertezza, nell'ambiguità,facendoci
perdere tempo prezioso".
Proviamo a seguire lo sviluppo degli eventi ascoltando il racconto
di due protagonisti, il sindaco di Seveso, Francesco Rocca, dirigente
industriale, e il sopracitato dott. Cavallaro. L'icmesa ( sessanta
dipendenti ) è in territorio di Meda, ma sul confine con Seveso,
e poiché quel giorno il vento spirava da nord verso sud-est,
Meda fu praticamente risparmiata e furono invece investiti Seveso
e Cesano Maderno. Racconta il sindaco Rocca: "Soltanto la
domenica pomeriggio, cioè oltre ventiquattro ore dopo il fatto,
io seppi casualmente da due tecnici dell'Icmesa che sarebbe stato
opportuno raccomandare alla popolazione di non mangiare ortaggi del
luogo perché erano stati contaminati da un diserbante diffusosi
con una nube. Il lunedì mattina, assieme al sindaco di Meda,
diedi incarico all'Ufficiale sanitario del Consorzio fra i nostri
comuni di fare un'ispezione. Il martedì sera avemmo il risultato:
si parlava di danni alle colture e non alle persone".
Giovedì 15, si verificano i primi casi di bambini ammalati
e il sindaco Rocca emette una ordinanza che viene notificata ai cittadini
, famiglia per famiglia, perchè non tocchino frutta e verdura.
L'indomani fa anche piantare una palizzata per delimitare la zona
che sembra più colpita. |
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"Sabato 17 il dott. Uberti, ufficiale
sanitario aggiunto di Seveso - racconta il dott. Cavallaro -
mi chiede di effettuare degli esami su del fogliame. Era preoccupato
perchè i bambini manifestavano disturbi cutanei e i conigli
morivano. Pensava fosse tricloro-fenato-sodico. Nel pomeriggio mi
sono recato all'Icmesa. I tecnici mi hanno spiegato come era accaduto
l'incidente: un anormale sviluppo di calore del tricloro-fenoloche
aveva causato un'esplosione con fuoriuscita di vapori. Quando ho cercato
di entrare nel capannone in cui si era verificato il fatto, i tecnici
mi hanno con insistenza dissuaso, dicendomi che si potevano essere
formati dei prodotti più tossici. Da questo momento ho cominciato
a preoccuparmi molto".
Alle 11 di sera il dott. Cavallaro, tornando a Milano, va in biblioteca
e si studia tutto quello che concerne il tricloro-fenolo. Apprende
che alla alte temperature si può formare il terribile tcdd,
tetracloro-dibenzo-paradiossina. Una sostanza che non viene prodotta
in nessun laboratorio chimico del mondo, nemmeno per motivi bellici,
perchè inutile in quanto, una volta cosparsa su un territorio,
rende impossibile la penetrazione delle truppe. La domenica mattina
Cavallaro e il pretore vanno nello stabilimento Icmesa, il chimico
della Provincia pronuncia quel nome lungo e micidiale. Gli altri non
cadono dalle nuvole: "Si - ammettono - può essere,
stiamo studiando". Da quanto tempo l'avevano sospettato?
Mercoledì 21 il pretore arresta l'ing. Zwehl , direttore generale
dell'Icmesa, e il dott. Paoletti, direttore della produzione . Nel
frattempo, i tecnici del laboratorio di Igiene e Profilassi della
Provincia sono andati a Zurigo, alla Givaudan, e ne tornano con una
boccetta contenente tcdd in soluzione: serve per i parametri degli
esami che vengono iniziati febbrilmente su foglie, cereali, acqua.
Si lavora anche di notte, presso l'Istituto di Farmacologia e Farmacognosia
sotto la direzione dei professori Galli e Cattabeni. I dosaggi sistematici
con campionature prese sui luoghi contaminati, mettono in evidenza
fino a due milligrammi di diossina per chilogrammo di erba, quantitativo
già molto preoccupante.
Ora si sta allargando la zona A di evacuazione, per cercar di rincorrere
il nemico invisibile. Ma fin dove è arrivata questa nube? Si
hanno notizie di conigli morti in aree sempre più distanti.
E intanto si accavallano le voci, anche di carattere medico: gli effetti
di questo tossico possono palesarsi anche tre o quattro settimane.
Dunque, l'incubo continua. [...]
Remo Lugli, Giorno per giorno la morte su Seveso mentre il pericolo
veniva "ignorato", in "La Stampa", mercoledì
28 luglio 1976, anno 108, numero 160, pag. 1. |