Quando ero chimico in servizio effettivo soffrivo caldi, geli e
paure, e non avrei mai pensato che, dopo il distacco dal mio vecchio
mestiere, avrei potuto provarne la nostalgia. Invece avviene, nei
momenti vuoti, quando il congegno umano gira in folle, come un motore
al minimo: avviene, grazie al singolare potere filtrante della memoria,
che lascia sopravvivere i ricordi lieti e soffoca lentamente gli
altri. Di recente ho rivisto un vecchio compagno di prigionia e
abbiamo fatto i discorsi dei reduci; le nostre mogli si sono accorte,
e ci hanno fatto notare, che in due ore di colloquio non avevamo
rievocato un solo ricordo doloroso, ma soltanto i rari momenti di
remissione, o gli episodi bizzarri.
Ho davanti a me la tabella degli elementi chimici, il "sistema
periodico", e provo nostalgia, come davanti alle fotografie
scolastiche, i compagni di scuola col cravattino e le compagne con
la vereconda tunica nera: "ad uno ad uno tutti vi ravviso..."
Delle lotte, sconfitte e vittorie che mi hanno legato ad alcuni
elementi, ho già raccontato altrove; cosí pure, del
loro carattere, virtú, vizi e stranezze. Ma adesso il mio
mestiere è un altro, è un mestiere di parole, scelte,
pesate, commesse a incastro con pazienza e cautela; cosi, per me
anche gli elementi tendono a diventare parole, invece della cosa
mi interessa acutamente il suo nome e il perché del suo nome.
Il panorama è un altro, ma altrettanto vario quanto quello
delle cose stesse.
Ognuno sa che gli elementi "per bene", quelli esistenti
in natura, sia sulla Terra, sia negli astri, sono novantadue, dall'idrogeno
all'uranio (veramente, quest'ultimo ha perso negli ultimi decenni
un po' della sua buona fama). Ebbene i loro nomi, passati in rassegna,
costituiscono un mosaico pittoresco che si estende nel tempo dalla
lontana preistoria a oggi, ed in cui affiorano forse tutte le lingue
e le civiltà dell'Occidente: i nostri misteriosi padri indoeuropei,
l'antico Egitto, il greco dei greci, il greco dei grecisti, l'arabo
degli alchimisti, gli orgogli nazionalistici del secolo scorso,
fino all'internazionalismo sospetto di questo dopoguerra.
Incominciamo la rassegna da due degli elementi piú noti e
meno esotici, l'Azoto e il Sodio. I loro simboli internazionali,
e cioè la singola lettera o il gruppo di due lettere che
ne abbreviano il nome eonvenzionale ed originario, sono rispettivamente
N e Na, iniziali di Nitrogenium e di Natrium, e qui affiorano le
tracce di un antico equivoco. Nitrogenium significa "nato dal
nitro", e natrium significa "sostanza del natro":
ora, in origine, nella lingua dell'antico Egitto, il nitro e il
natro erano la stessa cosa.
Nella complicata scrittura di quella lingua si riteneva superfluo
indicare le vocali (forse perché scalpellare la pietra è
piú faticoso che usare una penna a sfera, e risparmiando
le vocali si risparmiava lavoro ai lapidari), e le consonanti ntr
indicavano genericamente le efflorescenze saline: sia quella dei
vecchi muri, che in italiano si chiama tuttora salnitro, e in altre
lingue, piú espressivamente, "sale di pietra",
sia quella che gli egizi ricavavano da certi giacimenti e usavano
nella mummificazione; quest'ultima è costituita in prevalenza
da soda, ossia da carbonato di sodio, mentre il salnitro è
costituito da azoto, ossigeno e potassio.
Erano entrambi insomma "sale non sale", sostanze dall'aspetto
salino, solubili in acqua, incolori, ma dal sapore diverso da quello
del sale comune; e i vetrai si erano presto accorti che nella fabbricazione
del vetro l'uno poteva essere sostituito all'altro senza grandi
differenze nel prodotto finito (il che è per noi ben comprensibile:
alla temperatura del crogiolo del vetraio, entrambi i sali si decompongono,
la parte acida se ne va, e rimane nella massa fusa solo l'ossido
del metallo). I greci e poi i latini, traslitterando le scritture
egizie, vi introdussero le vocali secondo criteri ampiamente arbitrari,
e solo da allora la variante "nitro" si specializzò
a indicare il salnitro, padre dell'Azoto, e "natro" a
indicare la soda, madre del Sodio.
Del resto, l'Azoto, sostanza chimicamente piuttosto inerte, sta
al centro di secolari litigi per quanto riguarda la nomenclatura.
Cosi battezzato quasi due secoli fa da un chimico francese con un
discutibile grecismo ("il senza vita"), è invece,
come detto, il "generato dal nitro " (Nitrogen) per gli
inglesi e "il soffocante" (Stickstoff) per i tedeschi.
Neppure sul simbolo c e concordia; i francesi, che ne rivendicano
la scoperta, fino a pochi anni fa rifiutavano il simbolo N e usavano
invece Az: qualcuno lo usa ancora, polemicamente.
Chi scorra un elenco dei nomi dei minerali si trova davanti a un'orgia
di personalismi. Si direbbe che nessun mineralogista si sia rassegnato
a chiudere la propria carriera senza legare il suo nome a un minerale,
aggiungendogli la desinenza -ite in funzione di corona di lauro:
Garnierite, Senarmontite, e migliaia di altri.
I chimici sono stati sempre piú discreti; nella mia rassegna
ho trovato solo due nomi di elementi che gli scopritori hanno voluto
dedicare a se stessi, e sono il Gadolinio (scoperto dal finlandese
Gadolin) e il Gallio. Quest'ultimo ha una storia curiosa. Fu isolato
nel 1875 dal francese Lecocq de Boisbaudran; "cocq" (oggi
si scrive " coq ") significa " gallo", e Lecocq
battezzò " Gallium " il suo elemento. Pochi anni
dopo, nello stesso minerale esaminato dal francese, il chimico tedesco
Winkler scoprí un elemento nuovo; erano anni di grave tensione
fra Germania e Francia, il tedesco ritenne che il Gallio fosse un
omaggio nazionalistico alla Gallia, e battezzò Germanio il
suo elemento per riequilibrare la partita.
Oltre a questi due, hanno ricevuto nomi personali solo alcuni dei
nuovissimi e instabili elementi piú pesanti dell'Uranio,
ottenuti dall'uomo in quantità minime nei reattori nucleari
e negli enormi acceleratori di particelle, e dedicati rispettivamente
a Mendeleev, a Einstein, alla signora Curie, ad Alfred Nobel e a
Enrico Fermi.
Piú di un terzo degli elementi hanno ricevuto nomi che ricordano
le loro proprietà piú vistose, attraverso itinerari
linguistici piú o meno arzigogolati. Cosí il Cloro,
il Iodio, il Cromo, da parole greche che significano rispettivamente
"verde, viola, colore", e con riferimento al colore dei
sali o dei vapori (o, in altri casi, delle righe spettrali di emissione).
Cosí il Bario è il "pesante", il "Fosforo"
è il "luminoso", il Bromo e l'Osmio sono, con diverse
sfumature, i "puzzolenti" (ma quale chimico degno del
nome potrebbe confondere i due sgradevolissimi odori?)
Ancora in questo spirito che chiamerei descrittivo, e che attesta
modestia e buon senso, sono stati battezzati l'Idrogeno e l'Ossigeno,
rispettivamente "generato dall'acqua" e "dagli acidi";
ma poiché il battesimo era stato fatto (o avallato) dal francese
Lavoisier, i chimici tedeschi non lo tennero per buono, e vi ricalcarono
sopra due approssimative traduzioni: Wasserstoff e Sauerstofi, ossia
rispettivamente "la sostanza dell'acqua" e "degli
acidi", e lo stesso fecero i russi, coniando la coppia Vodoròd
e Kissloròd.
Solo tre fra gli elementi che hanno ricevuto nomi "descrittivi"
attestano uno scatto della fantasia: il Disprosio ("l'impervio"),
il Lantanio ("il nascosto") e il Tantalio. In quest'ultima
denominazione, lo scopritore (Ekeberg, nel 1802: era uno svedese,
un neutrale, e perciò il nome da lui scelto non subí
manomissioni) intendeva riferirsi a Tantalo, il mitico peccatore
descritto nell'Odissea: è immerso nell'acqua fino al collo,
ma spasima eternamente per la sete, perché ogni volta che
si curva per bere, l'acqua si ritira scoprendo la terra arida. La
stessa pena aveva sofierto lui, il chimico pioniere, nelle alterne
speranze e delusioni attraverso cui era infine arrivato a riconoscere
il suo elemento.
Oltre al già nominato Germanio, una ventina di elementi hanno
ricevuto nomi che ricordano piú o meno chiaramente il paese
o la città in cui furono scoperti: il Lutezio dal vecchio
nome di Parigi, lo Scandio dalla Scandinava, l'Olmio da Stoccolma,
il Renio dal Reno. Accanto a queste celebrità geografiche
si deve segnalare l'oscuro villaggio di Ytterby, in Svezia, perché
accanto ad esso fu trovato un minerale che mostrò di contenere
numerosi elementi sconosciuti. Il minerale fu chiamato Ytterbite,
e prelevando vari segmenti di quest'ultimo nome, con procedimento
simile ai "logogrifi" degli enigmisti, furono coniati
successivamente l'Ytterbio, l'Yttrio, il Terbio e l'Erbio.
Deliberatamente ho lasciato da parte la storia dei nomi degli elementi
veterani, noti a tutti, caratterizzati e sfruttati dalle civiltà
piú antiche mille e mille anni prima che nascesse il primo
chimico: il Ferro, l'Oro, l'Argento, il Rame, lo Zolfo, e diversi
altri. E' una storia complicata ed affascinante, che varrà
forse la pena di raccontare a parte.
Primo Levi, La lingua dei chimici II, in: L'altrui mestiere,Torino:
Einaudi, 1985, pp. 127-131.
|