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Sezione 08: LE ARTI DEI COLORI
Dalla chimica tintoria ai coloranti di sintesi
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La chimica tintoria in piemonte |
Regio Bollo del Consolato per le stoffe di lana tinte nel Paese
(Archivio di Stato di Torino, Materie Economiche
e Commercio, Cat. IV, mazzo 13, n. 40)
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Nel corso del Settecento il governo sabaudo
intervenne per incentivare, proteggere e sviluppare settori chiave
dell'economia. Tra essi, a partire dalla seconda metà del secolo,
assunse un rilievo significativo un'arte la cui importanza strategica
potrebbe sembrare di difficile comprensione ai nostri giorni, l'arte
tintoria. Dal Seicento la principale industria in Piemonte era quella
della seta, dai cui dazi il governo traeva e trarrà fino all'Ottocento
inoltrato il suo principale introito; il governo, le cui mire territoriali
erano note, per approvvigionarsi di prodotti per tingere le divise
militari spendeva cifre "astronomiche"; e, a causa della
massiccia importazione di coloranti da oltre oceano, alcune zone in
cui venivano coltivati coloranti come il guado e la garanza erano
sul punto di fallire dopo secoli di prosperità. Dopo aver cercato
in vari modi di salvaguardare l'industria nazionale bloccando le importazioni
dal nuovo mondo, molti governi europei si erano piegati alle esigenze
del mercato. |
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Le importazioni di prodotti coloranti
misero in ginocchio estese coltivazioni di guado, specialmente in
Inghilterra, nel nord della Francia e in alcune regioni della penisola
italiana.
I governi di potenze militari come la Francia e la Prussia, che dovevano
fornire ai propri eserciti divise tinte in questo colore, chiesero
e ottennero l'attenzione dei savants su questo tema.
Le memorie e i concorsi banditi delle accademie di Berlino, Londra
e Parigi della seconda metà del secolo, oltre a varie pubblicazioni,
testimoniano come tutta la comunità scientifica internazionale
venne coinvolta nei problemi legati alla chimica tintoria e all'indaco.
Sotto l'impulso degli eserciti e della esigenze militari, gli studi
di Euler, Lavoisier, Lagrange e Berthollet diedero un determinante
contributo all'avanzamento della scienza moderna.
Anche se la ricerca dell'aiuto di persone tecnicamente e scientificamente
preparate e l'investimento di fondi ed energie per migliorare il proprio
esercito fu dettata da motivi politici e dinastici, i Savoia portarono
la scienza piemontese ad occuparsi dei temi dibattuti nelle più
avanzate e ricche potenze europee.
Prima di creare un organo scientifico indipendente come un'accademia,
il governo sabaudo attuò diverse strategie per risolvere i
problemi connessi a quest'arte. |
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Memoria riguardante l'uffizio del Bollo per le stoffe di lana tinta nel Paese
(Archivio di Stato di Torino, Materie Economiche
e Commercio, Cat. IV, mazzo 13, n. 40)
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Da un lato, vennero continuate antiche,
consolidate ed anacronistiche tradizioni come quella di aumentare
il controllo sui lavoratori, sulle fasi di lavorazione e sulle corporazioni.
Dall'altro vennero incessantemente chiamati dall'estero, promettendo
esenzioni privilegi e benefici, artigiani e produttori.
Questa seconda strategia produsse risultati, tanto che a fine secolo
le procedure adottate dagli artigiani piemontesi non erano sostanzialmente
differenti da quelle d'oltralpe. Alla firma del trattato di Aquisgrana,
nel 1748, il governo annesse nuovi territori famosi fin dall'antichità
per la produzione, all'epoca in forte declino, di due dei coloranti
naturali più noti e usati in Europa fino all'arrivo dell'indaco:
la garanza, una pianta dalla cui radice si produceva il rosso, colore
simbolo dei Savoia fino al 1783, e il guado, dalle cui foglie si otteneva
il blu.
Dopo vari e infruttuosi tentativi con il governo olandese per ottenere
che la garanza, di cui all'epoca l'Olanda era maggior produttrice
europea, facesse scalo a Nizza, il solo porto compreso nel territorio
dei Savoia, e non esclusivamente a Marsiglia o Genova, il governo
subalpino cercò di incoraggiare la coltivazione locale, offrendo
benefici e finanziamenti e dando gratuitamente o pagando l'affitto
di terreni su cui condurre esperimenti. |
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